«Nobody’s going to care» sono state le parole di Gwendolyn Ann Smith, riconosciuta come la fondatrice del Transgender Day of Remembrance, quando, intervistata nel 2019 in occasione del ventesimo anniversario della celebrazione, le venne chiesto quali fossero state le sue impressioni all’inizio del progetto Remembering Our Dead, da cui poi ebbe origine il TDoR.
«Avevo la sensazione che nessun* stava prestando attenzione a quello che stava accadendo. Pensavo che sì, avrei iniziato un progetto, ma a chi sarebbe importato? Non sarebbe importato a nessun*.», ha proseguito poi nell’intervista.
Quando si viene a contatto con la dimensione di una sofferenza sempre rinnovata ogni anno, in cui il ricordo delle vittime non è legato al passato ma al presente, è facile rendersi conto di come lo sconforto e la sensazione che a nessun* importi siano tra i sentimenti che aleggiano, attraversano e s’infiltrano all’interno della comunità trans*. Rendersi conto che la voce di una comunità intera molto spesso venga percepita soltanto all’interno della stessa può essere spesso scoraggiante.
Questo accade quando ci troviamo di fronte al silenzio delle istituzioni che si rifiutano di riconoscere il movente transfobico, o che rigettano anche il più sottile strumento di tutela dalle discriminazioni, interrogandosi ancora, come se un dibattito sulle nostre identità potesse essere legittimo, sulla validità o meno del concetto stesso di identità di genere.
Un silenzio che risulta ancora più desolante di fronte ai dati di quest’anno che denunciano una situazione sempre più allarmante: la percentuale di persone trans* e di genere non conforme uccise dall’1 Ottobre 2020 al 30 Settembre 2021, secondo il Trans Murder Monitoring, è salita del 7% rispetto all’anno precedente, in cui già si era registrato un aumento del 6% rispetto al 2019: 375 sono state le persone uccise in tutto il mondo, di cui due in Italia. Si tratta di statistiche sottostimate, in cui non si registrano casi che non hanno avuto riscontro mediatico, né casi di suicidio, né tutti i casi in cui l’identità trans* della persona uccisa è stata cancellata o nascosta nel momento in cui ha cessato di vivere. Una cancellazione che molto spesso riguarda anche molte persone presenti sulla lista, i cui nomi di elezione sono scomparsi nel momento della loro morte. È doveroso inoltre ricordare il fatto che la maggior parte di coloro che sono stat* uccis* erano donne trans* o transfeminine (96%), che molt* di cui conosciamo l’occupazione erano sex-workers (58%) e nella sola Europa quasi la metà erano migranti (43%). Secondo una dinamica ormai nota, alla transfobia molto spesso si aggiunge la misoginia, il razzismo, la xenofobia e l’odio per l* sex workers.
Quando ci troviamo di nuovo di fronte a questi dati, il mantra «a nessun* importa», carico di sconforto e delusione, rischia di accompagnarci nelle piazze, mentre accendiamo le candele e ricordiamo uno ad uno nomi che rischiano di scomparire nel momento stesso in cui abbiamo finito di pronunciarli. Rendersi conto di quanto questo tipo di sconforto possa portare a una riflessione ripiegata su sé stessa è necessario per non ridurre la celebrazione del TDoR a una liturgia incastonata in una giornata annuale della memoria.
Nel corso della stessa intervista, Gwendolyn Ann Smith ricordò come a seguito del progetto Remembering Our Dead si fosse creato un gruppo di attivist* che aveva preso il nome di TG Rage. La stessa attivista dichiarò che il gruppo in sé ebbe vita breve, prendendo poco dopo nuove forme. Tuttavia ciò che emerge dallo stesso nome che il gruppo scelse di darsi è l’urgenza di trovare una risposta allo sconforto.
È proprio attraverso la rabbia, che nasce da quello stesso sconforto, che possono avere origine le nostre rivendicazioni e le nostre denunce. Il TDoR non dovrebbe rappresentare soltanto commemorazione, ma anche una dichiarazione violenta di quanto la transfobia, così come la misoginia e il razzismo, siano problemi strutturali della nostra società.
Proprio per questo nel corso degli ultimi anni molte iniziative hanno cominciato ad associare alla giornata del TDoR altri valori e significati oltre a quello di remembrance. È così che la “R” finale della sigla ha di volta in volta acquisito il valore di resilience o resistance: se questi non possono sussistere senza il ruolo del ricordo, della memoria e della sofferenza stessa che denunciamo durante il TDoR, è anche vero che la memoria può essere messa in pratica soltanto attraverso di essi.
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