«Più applaudita di Sandro Pertini, più costosa di Michel Platini, più miracolosa di Padre Pio», così L’Espresso definiva Raffaella Carrà nel 1984.
Cantante, ballerina, conduttrice radio e tv, attrice e autrice, Raffaella Carrà è una e centomila: duetta con Mina e con Topo Gigio; intervista Henry Kissinger, si fa intervistare da David Letterman; la Scavolini conia «la più amata dagli italiani» in suo onore; a Carramba che sorpresa! si deve il neologismo “carrambata”; ben due re spagnoli le conferiscono le massime onorificenze del Paese. Contro il gender pay gap pretende stipendi commisurati agli ascolti e in linea con quelli dei suoi colleghi: Craxi definirà la cifra del suo cachet «immorale e scandalosa».
Ha venduto oltre 60 milioni di dischi in 37 Paesi: A far l’amore comincia tu (Do it again) sale al nono posto in UK nel 1978 ed è ancora una delle canzoni più riarrangiate e ballate di sempre.
La consacrazione del Guardian, «icona culturale che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso», è del 2020 ma lo scandalo dell’ombelico – prima a mostrarlo impunemente in pubblico a Canzonissima – risale al 1970 mentre la censura sul Tuca Tuca è del 1971. Anticipa tutto e tutte e lo fa a modo suo, con quella genuinità romagnola tenace e dolcissima.
La sua è stata una rivoluzione profondamente politica. «Io voto sempre comunista», dichiara alla stampa spagnola in pieno 1977, utopica e coraggiosa. Nel 1986, conduttrice di Domenica In, intervista Mario Varianti, operaio siderurgico bresciano testimone delle condizioni di sfruttamento in fabbrica. Dar voce agli operai le è valso il titolo di «artista del popolo» ma quella per lei sarà l’ultima Domenica In.
Vince il World Pride Award nel 2017 e a chi le chiede un parere a proposito delle famiglie omogenitoriali, risponde: «Ma io con chi sono cresciuta? Mi rispondo: con due donne, mia madre e mia nonna […] i bambini […] non crescono così male anche se avranno due padri o due madri. Io le ho avute. Sono venuta male?».
Illustrazione di Riccardo Pittioni
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