David Bowie (8/01/1947 – 10/01/2016) è stato forse l’ultima vera rockstar. Icona di musica e moda, celebre per il suo stile camaleontico e la costante innovazione artistica. Esplose nel 1969 con Space Oddity, catturando l’immaginario collettivo dei viaggi sulla luna, inventandosi poi l’alter ego Ziggy Stardust: un androgino e futuristico personaggio, simbolo di una generazione in cambiamento, che fu solo uno dei modi di Bowie per vivere liberamente diverse versioni di sé, rappresentando spesso una fluidità di genere ante litteram.

Dichiaratosi gay e bisessuale più volte, altrettante volte si smentì fino a confessare, negli anni Duemila, che fu l’ambiente americano a rendere un problema la sua bisessualità.

Sperimentò, qui con innegabile successo e nessuna smentita, la fusione dei generi anche musicalmente: dal folk rock dei primi lavori al pop di Let’s Dance, passando per il glam di Aladdin Sane, il neo-soul di Young Americans e l’elettronica berlinese di Heroes, finendo poi con un album sperimentale spruzzato di jazz, uscito appena due giorni prima della morte.

Oltre a 25 album in studio, ha trovato il tempo di recitare in quasi 30 film e dirigere due pièce teatrali. È anche da queste esperienze che ha attinto materiale per rendere sbalorditivi e irripetibili i suoi show: autentiche opere d’arte a cavallo tra concerti e teatro, danza e arte mimica.

Illustrazione di Riccardo Pittioni