IL GRANDE SCHERMO TRA EMANCIPAZIONE E NORMALIZZAZIONE
Le battaglie e le profonde sensibilizzazioni culturali promosse a favore della tematica Lgbtqi hanno avuto, a partire dagli ultimi decenni del XX secolo, una progressiva incidenza sul mondo della cinematografia, promuovendo piattaforme di riflessione sociale e forme di rappresentazione non più caricaturali del mondo omo-transessuale. Una dimensione, quella Lgbtqi, che, a lungo relegata ai margini del cinema mainstream, ha lentamente raggiunto l’orizzonte del grande schermo, trovando spazio in una gamma sempre più ampia di pellicole.
Da tutto ciò si è sviluppata una corrente cinematografica, il New cinema queer, come manifesto di numerose opere prodotte a partire dagli anni Novanta. Con un comune denominatore tematico, le opere a sfondo Lgbtqi si sono specializzate in funzione di stili e metodologie di narrazione che riflettono le persistenze sociali e culturali dei singoli paesi in cui sono state elaborate. Il termine “New Cinema Queer” è stato coniato per la prima volta nel 1992 dalla giornalista B. Rudy Rich, in riferimento a una stagione cinematografica conclusasi con una ricca serie di film di questo tipo.
La nuova corrente, pur avendo preso piede nel panorama collettivo fin da subito, non possiede una vera è propria presenza di caratteristiche comuni, ma manifesta la volontà di rappresentare le tematiche trattate con un’ottica diversa e innovativa, spaziando tra diversi generi e nuovi linguaggi, capaci di forzare o rivisitare quelli tradizionali. La maggior parte della produzione trova la sua origine in Europa, da sempre pioniera nella ricerca di nuove forme espressive.
Vi è però una separazione netta tra il cinema considerato commerciale e quello indipendente. Il primo, che alligna soprattutto in Germania, Francia e Spagna, ha trovato la sua strada soprattutto nella commedia, grazie anche al successo di film come Peccato sia femmina, in cui le figure di gay e lesbiche appaiono perfettamente integrate nella società. Il cinema indipendente, invece, ricchissimo e vivido, si manifesta generalmente in controtendenza rispetto alle esigenze del mercato cinematografico, restituendo un’immagine più complessa e, forse, più reale delle istanze che attraversano la nostra comunità.
In Italia, solo negli ultimi anni si è posto un più largo e libero approccio ai temi riguardanti l’omosessualità, emblematicamente espresso nel cinema di Ferzan Özpetek, in cui si affacciano storie incentrate su personaggi comuni, caratterizzate da uno sguardo sferzante e demistificante nei confronti della quotidianità.
Un ottimo contributo al cinema queer è stato dato anche dai documentari. Tra i più significativi Paris is burning, in cui si ritrae la comunità nera e latina gay a New York. In campo lesbico, molti film hanno sfruttato il favore tributato a Go Fish , tanto da indurre la critica a parlare di New Dyke Cinema, dal nome attribuito ad una vivace comunità lesbica di Chicago. È il caso di BadGirls, Due ragazze innamorate e diverse altre produzioni, fra le quali spicca l’originale Ho sparato a Andy Warhol.
Una delle caratteristiche più emblematiche del cinema indipendente è quella di porsi, paradossalmente, come un’insospettabile rampa di lancio per il cinema mainstream. Nel nostro caso, ciò dipende dal fatto che questa new wave ha saputo conquistarsi una discreta popolarità anche presso un pubblico di massa e più generalizzato rispetto al target di spettatori a cui era rivolto. Il tessuto socio-culturale di cui l’arte cinematografica si nutre ha dunque assorbito nelle sue maglie concettuali la realtà Lgbtqi, trovando un proprio posto peculiare nel circuito retorico del cinema.
Se il New cinema queer ha rappresentato un momento importante nel percorso di emancipazione della nostra comunità, occorre ora domandarsi quale ruolo possa assumere oggi l’arte del grande schermo. Una domanda che ha ancora più senso porsi oggi, a Bologna, in una città capace di annoverare nella propria proposta culturale rassegne come Gender Bender Festival e Some Prefer Cake.
Riusciranno le forze dello status quo a schiacciare le istanze della comunità Lgbtqi in un progressivo processo di normalizzazione, oppure il cinema saprà farsi garante di antiche e nuove diversità? Agli spettatori l’ardua sentenza.
pubblicato sul numero 28 de La Falla , ottobre 2017
foto: empireonline.com
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