La carriera alias negli istituti scolastici e nelle università italiane
I miei anni universitari sarebbero stati senza dubbio molto diversi se non avessi avuto la possibilità di usufruire di una carriera alias. Ricordo distintamente il momento in cui mi ritrovai in attesa fuori dall’ufficio della segreteria, trattenendo in mano il mio plico di dichiarazioni mediche e psicologiche: ricordo anche il senso di liberazione e di riconoscimento una volta che ne uscii tenendo in mano il mio nuovo badge.
Per quanto oggi, ad anni di distanza da quel giorno del 2018 e con una mutata coscienza politica, ripensi in maniera piuttosto critica a quel momento, in particolare a quelle dichiarazioni redatt* da altr* che si promettevano di legittimare la mia identità, riconosco che senza la carriera alias probabilmente non solo non avrei potuto mostrare il mio badge o usare la mail istituzionale, ma neanche frequentare e interagire durante le lezioni a distanza con un nome in sovraimpressione che sarei riuscito a stento a guardare, se non con profondo disagio.
Dal gennaio di quest’anno l’Università di Bologna ha rivisto i protocolli per cui un* student* può richiedere l’utilizzo della carriera alias, per cui non è più necessario alcuna documentazione medica-psicologica. Sempre nell’ambito bolognese, a febbraio, anche l’Accademia delle belle Arti ha finalmente messo a disposizione la carriera alias per l* student*.
Guardando al quadro della situazione italiana, dalla richiesta fatta nel giugno dello scorso anno da parte del Comitato Nazionale Studenti Universitari al Ministero dell’Università e della Ricerca di impegnarsi al fine di garantire le carriere alias in tutte le università italiane – richiesta ancora ignorata – si deduce che le università che permettono di usufruirne sarebbero 57: sicuramente si segnala una tendenza in aumento rispetto ai dati raccolti e aggiornati al giugno 2018 di Universitrans.it (che contava 32 università), ma si deve tenere conto che si tratta di un dato imperfetto, che annovera nel numero anche le moltissime università che richiedono protocolli medicalizzanti.
La diffusione delle carriere alias sembra aver visto un aumento anche per quanto riguarda gli istituti superiori: secondo i dati raccolti da Gruppo Trans*, associazione che per anni si è mossa come mediatrice tra istituti, student* e famiglie per l’adozione della carriera alias in varie scuole superiori oltre che in alcune università, sarebbero a oggi almeno 50 scuole superiori in tutto il territorio italiano a permettere l’utilizzo dell’alias. È la stessa associazione a denunciare le cause delle frequenti difficoltà nel dialogo con licei e università, accusando anzitutto il vuoto legislativo in cui queste iniziative si muovono, il fatto che sia necessario operare di caso in caso e la conseguente dipendenza della buona riuscita della proposta dipenda dalla capacità di mediare del* attivist*, ma anche dalla buona volontà de*singol* prèsidi e personale universitario, a cui a volte si è aggiunta la necessità di interventi iterati anche una volta che negli istituti il protocollo alias è già stato istituito.
Il quadro che ne emerge è quello di una situazione frammentata e discontinua, in cui lo strumento dell’alias emerge come tanto importante, come ne dimostra la crescente diffusione, quanto certamente imperfetto. La dimensione dell’imperfezione, che deriva non solo dalle modalità d’accesso all’alias ma anche dal suo utilizzo che non può che essere circoscritto e limitato all’interno delle istituzioni in cui viene prodotta, creando difficoltà ad esempio durante tirocini o erasmus, rischia tuttavia di passare in secondo piano in virtù del fatto che per molt* è l’unico strumento di riconoscimento (semi)ufficiale che viene offerto.
Ancora più grave, tuttavia, è il fatto che a passare in secondo piano, fino quasi a dimenticarsene, possa essere il ruolo stesso che la carriera alias si prometteva di ricoprire: quello di uno strumento temporaneo, atto a limitare la portata di un problema strutturale, un palliativo in attesa di una riforma radicale della legge n.164 del 1982 che regola l’attribuzione del genere e del nome nei documenti per le persone trans* in Italia.Gli anni universitari e scolastici di molt* student* sarebbero stati e sarebbero tutt’ora molto diversi, quantomeno molto più difficoltosi, se non esistesse la possibilità di usufruire di una carriera alias, strumento fondamentale per cui è necessario continuare a lottare per promuoverne la diffusione tanto nelle università quanto in ogni altro livello dell’istruzione scolastica, come anche in altri ambiti. Resta tuttavia necessario ricordarsi che a questa lotta deve essere accompagnata quella per una riforma di una legge ormai ossidatasi da quarant’anni che, anche una volta conclusi i percorsi scolastici e/o universitari tramite carriera alias, continuerà a tagliare fuori dalla possibilità di accedere a una rettifica anagrafica ancora troppe persone e sottoporre quelle che potranno permetterselo a un giudizio esterno per validarne l’identità.
Immagine in evidenza da intersezionale.com, immagine nel testo da unibo.it
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