O DEGLI STRUMENTI DI AUDIOLETTURA CHE ANCORA NON CONTEMPLANO LE SOGGETTIVITA LGBTQIAP+
Che diversità e pluralismo siano una forza noi della Falla lo sappiamo bene. È proprio per questo che, in questo importante periodo di transizione che ci ha visto traghettare il nostro mensile dalle pagine di carta ai byte di un sito rinnovato, ci siamo chieste come rispettare, articolo per articolo, sia la sensibilità di chi legge, sia le necessità pratiche di chi ha problemi di lettura.
Noi, strane creature redattrici fatte di parole, da tempo cerchiamo di utilizzare un linguaggio senza barriere, che sia il più aperto possibile, perché la lingua è uno strumento potente e vivo, che risente della Storia ma allo stesso tempo la riscrive, e perché le utopie – anche quelle linguistiche – ci piacciono tanto. Bandito, quindi, il maschile sovraesteso – retaggio di un patriarcato culturale che non può rappresentare l’attuale comunità LGBTQIAP+ – abbiamo cercato di comprendere con la nostra scrittura le varie anime di chi scrive e di chi legge il nostro giornale, ma anche di codificare formule accessibili ai vari lettori e sintetizzatori vocali, strumenti indispensabili per le persone ipo o non vedenti.
Una piccola premessa è indispensabile: esistono molteplici situazioni che rendono difficoltosa la videolettura (problemi di visione, ma anche dislessia e disturbi dell’attenzione, per esempio) e noi non abbiamo la presunzione di risolverle tutte attraverso questo piccolo approfondimento. La nostra è una ricerca empirica, fatta di tentativi, ancora lacunosa, ma che vorrebbe avvalersi anche del contributo di chi ci legge, perché l’abbraccio della Falla alla sua utenza sia ancora più ampio e accogliente. Per suggerire strumenti efficaci, ci siamo rivolte ad alcune realtà molto più esperte e qui è sorto il primo problema: sembra, infatti, che il linguaggio che accoglie le diversità sia considerato marginale, quando si parla di lettori o sintetizzatori vocali.
Attraverso un linguaggio che comprenda le persone non binarie si intende evitare ogni forma discriminatoria di genere legata alla parola. Nel nostro Paese, l’opera di sensibilizzazione sta passando anche attraverso l’adozione di formule più rispettose e contemporanee anche nei documenti ufficiali, come la regola della prossimità mutuata dal francese o i nuovi femminili per definire professioni e incarichi ricoperti da donne, con buona pace della direttrice d’orchestra Beatrice Venezi.
Vera Gheno, sociolinguista specializzata in comunicazione digitale, racconta di come la schwa si sia diffusa in Italia anche per un suo merito casuale (lo precisa lei stessa). Durante un incontro, una persona non binaria ha manifestato la difficoltà di rappresentarsi attraverso la nostra lingua, che è grammaticalmente dotata di genere. Gheno ha menzionato l’usuale asterisco in sostituzione delle desinenze, ma la risposta è arrivata semplice quanto inaspettata: l’asterisco non ha suono. Quando leggiamo dei segni scritti (singole lettere, ma anche simboli ai quali attribuiamo un significato: i numeri, per esempio), assegniamo loro un suono così da poterli pronunciare, e questa operazione è propedeutica allo stesso apprendimento della lettura. Studi recenti hanno dimostrato che, dove la corrispondenza fra grafema (lo scritto) e fonema (il parlato) è accidentata, l’incidenza di casi di dislessia è maggiore. L’importanza di dare strumentalmente voce al disagio delle persone non binarie si è fatta quindi predominante, e una possibile soluzione è arrivata con il simbolo ə che corrisponde alla vocale centrale media, la schwa. Come si pronuncia? Come l’about [əˈbout] anglosassone o il Napoli [ˈnɑːpulə] partenopeo.
Basterebbe che i sistemi di sintesi vocale inserissero nel proprio database il suono legato a quel simbolo per permettere anche a chi fruisce di questi software di godersi una lettura fluida. Pare, però, che l’aggiornamento non interessi a molti e, nonostante le linguiste abbiano fornito una soluzione pratica al problema, ciò che ascoltiamo quando ci serviamo di questi strumenti è una brusca interruzione, in barba a ogni regola sintattica, di punteggiatura e di lettura. Esistono alcune alternative, più diffuse ma ugualmente poco convincenti: l’utilizzo delle alternanze di genere (come avviene in questo articolo), della doppia desinenza al maschile e al femminile, o della -x in fine di parola. Nei contesti LGBTQIAP+ che si stanno ponendo queste domande, il dibattito è molto acceso, perché molte di queste soluzioni non comprendono le persone non binarie.
Non importa se decidiamo di affidarci a un lettore vocale per difficoltà effettive, oppure perché siamo alla guida e vogliamo restare informati sulle ultime notizie: sia un programma gratuito – magari integrato con lo smartphone – sia uno altamente specializzato e costoso forniscono purtroppo risultati mediocri sul fronte.
Se è vero che anche in Italia si stanno diffondendo gli audiolibri, l’informazione su carta stampata che sfrutta questi canali è ancora praticamente inesistente. A tal proposito, La Falla sta realizzando un archivio audio di tutti i suoi articoli partendo dalla sperimentazione fatta con Fallameron durante il lockdown dello scorso anno. Inauguriamo infatti il nostro nuovo progetto, l’Audiogiornale, proprio con la versione audio di questo articolo.
Allo stato attuale dei fatti, questa ci sembra la via più utile per rendere fruibile il nostro lavoro al maggior numero di persone possibile.
Adottando un punto di vista intersezionale, La Falla sa che all’interno della comunità LGBTQIAP+ non siamo tutte uguali, e che le esigenze delle persone con disabilità interne alla comunità devono essere ascoltate. La liberazione non può lasciare indietro nessuna.
Immagine in evidenza da aliceorru.me
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