A una settimana dalle elezioni, il Terzo Polo fa discutere. Ambra – nome fittizio per una donna che ha preferito rimanere anonima – accusa, senza fare nomi, un politico di averle richiesto prestazioni sessuali in cambio di lavoro. L’identità è stata svelata solo successivamente: si tratta di Matteo Richetti, braccio destro di Carlo Calenda. A seguito di queste informazioni, altre donne hanno accusato il politico di molestie. Azione, per bocca del suo leader, ha però ribaltato le carte in tavola: Ambra è la stalker di Richetti, ne avrebbe anche minacciato la famiglia e, denunciata dallo stesso Richetti un anno fa, sarebbe già coinvolta in precedenti casi. La risposta tweet di Calenda è chiara: ridicolizzare l’accusatrice di nascondersi dietro all’anonimato e di non aver avuto l’iniziativa di denunciare – perché, secondo la sua logica, la donna sa di calunniare. Addirittura, twitta: «Neppure nella Romania di Ceausescu a dieci giorni dal voto si operava così». Era Calenda che il 26 marzo 2021 ricordava i dati ISTAT sulle violenze di genere e denunciava gli stereotipi dei «titoli di giornale che giustificano i violenti o colpevolizzano le vittime». Eppure sono quelle stesse retoriche svilenti di cui si sta servendo oggi. Seppur si lamenti dell’assurdità di un’Italia in cui si dà credibilità – non sia mai! – a un’accusa anonima, il programma elettorale del suo partito riguardo alla violenza di genere promette «la procedibilità d’ufficio e quindi senza denuncia». Il dito più veloce di Twitter ha speso più di un cinguettio per difendere il suo protetto, ma non sembra avere avuto il tempo di ricordare Giuliano, lo studente diciottenne morto in alternanza scuola-lavoro pochi giorni fa, forse perché troppo impegnato a Vicenza in un confronto con 1300 imprenditori. E forse anche perché proprio dell’alternanza scuola-lavoro Calenda e Renzi vanno così fieri. Per demonizzare una donna che potrebbe mettere in crisi l’immagine del suo partito il tempo non è mancato. Nulla di strano: è il neoliberalismo, promotore di un’autentica democrazia liberale. Forse conviene ripescare una domanda di Lenin: democrazia, ma per chi?
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