L’islamofobia è una brutta bestia, una delle più feroci e radicate nella dialettica della destra populista italiana. Non dovrebbe sorprendere che Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, non abbia saputo trattenersi da commenti piuttosto beceri sul ritorno a casa di Silvia Romano. Come per magia una donna convertita all’Islam per sua libera scelta (ma dopotutto per la stampa italiana se una donna abbraccia l’Islam è solo per la sindrome di Stoccolma) diventa «l’ingrata», come recita parte del titolo, che ha indossato «la divisa del nemico jihadista». In particolare, avrebbe fatto proprio uno dei «simboli della cultura che l’ha rapita» omaggiando quella cultura rispetto a quella che l’ha liberata e salvata, si continua a leggere. La tesi è piuttosto chiara: Silvia non è stata rapita da terroristi, è stata rapita da quell’Islam che è diventato il presunto nemico di tutto l’Occidente. Occidente bianco e cristiano, ça va sans dire.
Viene in mente una triste puntata di 8 e mezzo del 2015, in cui Daniela Santanchè affermava con forza che «non esiste un Islam moderato», il tutto davanti a uno sbigottito Tahar Ben Jelloun. Questa è l’Italia bellezza. Se i terroristi rapitori sono tutti islamici, magari abbiamo scoperto pure cosa stava dietro l’Anonima Sequestri.
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