RESOCONTO DELLE PRESIDENZIALI NEGLI USA

Martedì 3 novembre si sono svolte le elezioni presidenziali americane. La trepida attesa del risultato durante l’election night si è trasformata in un estenuante supplizio che si è ramificato ben oltre le aspettative, anche quelle più negative.

Nel 2020 sono aumentati di molto i voti per posta, che devono essere prima processati – aprire la lettera e verificare la firma– e dopo conteggiati. Si è incrementato quindi il tempo necessario a ottenere i risultati. Il procedimento è inoltre diverso da stato a stato. Alcuni contano i voti appena arrivano, come la Florida, che ha dichiarato il suo vincitore, Trump, molto presto nonostante sia uno swing state. Altri stati – in particolare Georgia e Michigan, il cui esito è rimasto indeciso a lungo – contano solo dal 3 novembre in poi. Altri stati ancora – tra cui Wisconsin e Pennsylvania, anch’essi rimasti nel limbo per giorni – hanno dovuto aspettare il 3 non solo per il conto ma anche per la verifica delle firme. A fine settembre molte contee della Pennsylvania avevano chiesto che il regolamento fosse modificato in previsione dei milioni di voti per posta, ma tale richiesta è stata respinta. Trump e i repubblicani hanno sfruttato le tempistiche lunghe per accusare i democratici di brogli elettorali. Non hanno aiutato diversi errori, dovuti forse a stress e stanchezza di giornalisti e impiegati statali, nel riportare i risultati intermedi: nonostante celeri correzioni, anch’essi hanno alimentato teorie complottistiche.

Le testate giornalistiche hanno annunciato la vittoria di Biden il 7 novembre, ma Emily W. Murphy, a capo della General Services Administration, ha aspettato il 23 novembre prima di farlo. Trump non ha comunque interrotto le oltre 50 cause che ha intentato per modificare i risultati elettorali, pur se nessuna ha speranze di successo: il 4 dicembre è riuscito a perderne 6 nello stesso giorno. Georgia e Wisconsin hanno sì dovuto ri-contare i voti, confermando però l’esito originale, con un incremento irrilevante per il già vincitore Biden. Il 14 dicembre i grandi elettori si sono ritrovati nel Distretto della Columbia, confermandone 306 per Biden e 232 per Trump. Il 6 gennaio, prima della conferma ufficiale dei parlamentari, i repubblicani potranno denunciare brogli, ma è inverosimile che la Camera, a maggioranza democratica, li supporti.

Quest’anno la campagna repubblicana ha tentato di portare con sé voti LGBT+ con un comitato consultivo chiamato Trump Pride. Stephan Horblet, direttore esecutivo della app per appuntamenti Hornet, ha condotto a settembre un sondaggio su 10.000 utenti gay e ha trovato che il 45% era per Trump. Secondo Horblet queste sono «persone il cui razzismo o xenofobia sono più forti della loro identità LGBT». Tuttavia, come ha denunciato Jason Turcotte, professore di Scienze della comunicazione all’Università Statale Politecnica della California, il campione demografico preso in considerazione è poco indicativo. Sondaggi quali AP Cast Vote (AP) e National Exit Pools (NEP) hanno trovato una percentuale rispettivamente del 25% e 27% di supporto a Trump della comunità LGBT+. Queste cifre sono molto più basse della media nazionale, ma comunque più alte che nel 2016. Tuttavia, anche gli exit polls sono alquanto dubbi. Per esempio, l’AP rileva un 2% di voti LGBT+ né per Trump né per Biden, mentre il NEP ne rileva il 19%. Inoltre il NEP mostra 1% di voti LGBT+ a New York ma un 8% in Alabama! C’è un solo dato certo: le persone LGBT+ sono più propense a votare, facendone un gruppo prezioso per entrambe le parti.

Joe Biden, il democratico centrista, il «president for all Americans», non porta con sé la stessa energia che aveva Obama nel 2008. Dai giornali al Saturday Night Live, il focus è sulla vicepresidente, Kamala Harris, donna, nera, di discendenza indiana e giamaicana. Quando la gioia per la sconfitta di Trump sarà scemata, Biden e Harris dovranno fare i conti con un clima sociale instabile, una sempre minore fiducia nelle istituzioni e una pandemia ancora da risolvere. Speriamo ce la facciano.

Pubblicato sul numero 60 della Falla, dicembre 2020