Proiettato il 4 settembre al Giardino del Cavaticcio per Affetto Domino, la diciannovesima edizione del festival Gender Bender, La nave del Olvido è il primo lungometraggio della regista Nicol Ruiz. Il film racconta di Claudina, una donna cilena di settant’anni, che cerca di ricostruirsi una vita dopo la morte del marito. A casa della figlia incontra Elsa, un’altra donna anziana e sola, e le due cominciano a vedersi di frequente. Il loro rapporto di amicizia presto si trasforma in un amore leggero e delicato che porta la protagonista a scoprire emozioni che non pensava possibili alla sua età. Oltre a questo Elsa la accompagna anche nella scoperta di un mondo sotterraneo, quello della comunità LGBTQ+ del piccolo paese nel quale vivono. Tutto ciò spinge la protagonista a intraprendere un percorso per capire meglio sé stessa e crescere ancora.
Il film ha la grande capacità di parlare di tanti temi inerenti alla terza età in maniera coinvolgente e realistica, senza accenni di patetismo. Il lutto nella prima parte della storia viene rappresentato tramite una serie di immagini che mostrano in maniera pregnante l’idea di mancanza. Lo smarrimento di fronte al dover ricominciare dopo aver già avuto una vita stabile è evidente nel modo che Claudina ha di rapportarsi col mondo.
L’incontro con Elsa aiuta Claudina a ridare senso alle proprie giornate, non solo grazie all’amore ma anche all’amicizia e alla gioia delle piccole cose.
La storia d’amore tra le due donne è rappresentata con un giusto mix tra tenerezza e problematizzazione dell’essere omosessuale in una società poco accogliente. Il loro rapporto è perfettamente sano: è intenso ma non totalizzante, non struggente, e fa crescere molto la protagonista. Claudina ed Elsa non si isolano nel loro affetto, ma invece cercano altre persone con cui condividere questa loro gioia.
Nell’ultima parte del film viene reso evidente il messaggio fondamentale: imparare ciò che si può da chi ci vuole bene, ma anche essere capaci di capire quando è il momento di continuare il proprio percorso da soli. È molto bello vedere questo genere di crescita in un personaggio anziano: fa capire che non è mai troppo tardi per mettersi alla ricerca di un sé stesso più autentico.
C’è una piccola pecca: durante tutto il film periodicamente viene detto che nel piccolo paese dove le due donne vivono ci sono continui avvistamenti di ufo. La popolazione, nonostante sia ostile alla diversità degli umani, è invece più propensa ad accogliere una venuta degli alieni, o quanto meno non sembra opporre resistenza. L’idea di rappresentare con questa metafora l’irrazionalità di fronte al diverso è originale, ma sviluppata in questo modo risulta confusa e poco amalgamata col resto della pellicola.
A parte questo, il film merita davvero in ogni sua componente: dalla scrittura alla regia, dalla bellissima recitazione ai costumi e alla scenografia. Davvero da guardare.
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