Lian Dante è un artista trans, appassionato di disegno sin da bambino. Si forma come autodidatta, e nel tempo il disegno si è intrecciato con altri interessi artistici ed è rimasto una costante che lo accompagna da tutta la vita.

Hai già realizzato altre illustrazioni per La Falla prima di questo poster, il tuo stile varia molto ogni volta. Vuoi raccontarci qualcosa a riguardo?

Per quanto riguarda lo stile mi piace sperimentare con tecniche diverse: uso acquerello, china, collage, stampa, timbri… fino al digitale. In generale mi piace mescolare gli stili e usare una tecnica mista.

Hai una tecnica preferita o degli artisti a cui ti ispiri?

Non ho una tecnica preferita, a livello tecnico mi piace l’esplorazione. Il digitale è sicuramente comodo e veloce, ma non è il mio unico riferimento. Tra gli artisti che mi ispirano, direi Dave McKean, uno dei miei illustratori preferiti, ma anche fumettisti come Sergio Toppi, e tanti pittori espressionisti.

Il tema che ti è stato proposto è il 25 aprile e la resistenza. Come ti ci sei approcciato?

All’inizio ho pensato direttamente alla Resistenza e ho fatto qualche prova, ma non mi convincevano. Poi ho riflettuto sull’altra parola legata al 25 aprile: liberazione. Ho deciso di partire da lì: volevo rappresentare un corpo non definibile, non etichettabile — per me è un corpo queer, ma potrebbe anche non esserlo. Una liberazione anche dalle etichette.

Nel poster vediamo una figura con un lungo vestito che si trasforma in papaveri, simbolo della resistenza.

Mi piaceva l’idea di una natura liberatoria, una natura liberata. L’espressione di sé che si fonde con la natura. L’identità che si esprime in qualcosa di semplice, bello e prezioso, come le cose naturali.

Cosa significano per te oggi parole come «libertà» e «resistenza», alla luce del contesto mondiale attuale?

Per molte persone come me è quasi impossibile non resistere: siamo costantemente sotto pressione, e la resistenza diventa parte integrante della nostra esistenza. Ma prenderne coscienza, farne uno strumento attivo, credo sia la chiave per trasformare la nostra vita in un atto politico. L’autodeterminazione, la liberazione personale, possono diventare forme di resistenza consapevole.

Il tuo essere una persona queer e trans si riflette nel tuo lavoro artistico?

Assolutamente sì. La maggior parte dei soggetti che disegno sono queer o non facilmente riconducibili a una lettura binaria del genere. Questo è centrale nella mia esistenza. Anche quando non mi propongo di fare un’illustrazione politica, nel momento in cui esprimo me stesso, il tema emerge.

Qual è stata la sfida più grande nella realizzazione del poster?

Trovare un’immagine che non rispondesse a nessun canone: né di genere, né di bellezza, né di corpo. Volevo un corpo che fosse tutto e niente: non binario, non definito, sopra le etichette. Ho cercato di creare qualcosa che potesse contenere tutte le possibilità. Non un corpo neutro, ma liberato.

Mi piacerebbe che dal poster arrivasse l’idea che la bellezza personale può essere una forma di resistenza. La resistenza come liberazione, come percorso verso l’espressione di sé, verso l’autenticità e la gioia di essere ciò che si è.

Hai progetti attivi in questo momento?

Continuo con le illustrazioni, collaboro con alcune band per copertine e flyer. Prendo solo commissioni che mi interessano davvero. E sto scrivendo molto: sto lavorando a un romanzo che mette in discussione il modello della famiglia tradizionale, a partire da una storia di abuso. È un lavoro doloroso, ma sento che è necessario.

Domanda extra: la tua band preferita?

Ascolto ancora con nostalgia i Radiohead. Vengo dal trip-hop, quindi ho sempre ascoltato e fatto cose in quel mondo. Mi piace anche Aphex Twin. Forse sono cose abbastanza vecchie, però sono datato anch’io.