Emilia Benedetti è un’artista di 25 anni che si occupa di grafica e illustrazione. Dopo il liceo artistico inizia a lavorare come grafica creativa per Glamora, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna e frequenta il corso di Comics a Reggio Emilia. La sua aspirazione è diventare illustratrice: fare la copertinista, illustrare libri, progettare grafiche di videogame e giochi da tavolo, sua grande passione.
Guardando i tuoi disegni, un occhio poco attento potrebbe pensare che siano stati realizzati da mani diverse. Come mai?
Il mio stile è abbastanza duttile, mi piace disegnare in tutti i modi che mi vengono in mente. Se dovessi scegliere uno stile che apprezzo in particolare, direi una via di mezzo fra realistico e cartoon. Per questo poster ho scelto una tecnica più realistica, ho fatto diverse prove e mi serviva uno stile meno sintetico e più ruvido per far concentrare l’attenzione sul tema.
Il tema del poster è il ritorno e dunque la Memoria. Cosa significa per te ricordare?
Sono una persona molto nostalgica, ho la tendenza a non lasciare andare niente e ho un rapporto con gli oggetti strettissimo, sono una traccia di ciò che ho vissuto. Conservare la memoria del passato consente di prenderne coscienza. Ho sempre sentito molta empatia verso la tematica del ritorno, è importante non fuggire davanti agli avvenimenti dolorosi.
L’identità delle persone deportate è stata cancellata, l’obbiettivo dei campi di concentramento era l’annichilimento dell’individuo, sia nella sua persona che nella sua memoria. Ogni traccia dell’esistenza, anche passata, doveva essere eliminata insieme a loro.
So che è difficile darne una definizione, ma per te cosa è importante nel riconoscimento della propria identità e cosa la fa cambiare?
Ognuno ha in mente una versione di sé cha va relazionata con il noi esteriore. Questa percezione si modifica nel tempo e secondo me la costante che ci identifica è la coerenza con quelli che definiamo i nostri principi. L’identità è relativa a ciò che pensiamo di noi stesse, come vorremmo comportarci.
Essere inseriti in un contesto inaspettato trasforma radicalmente. Non ci sono archivi delle sopravvissute, documenti o memorie del loro passato. Tornando non sono stati riconosciuti e hanno dovuto ricostruire da zero una nuova persona.
Il segno sugli occhi della donna ha questo significato?
È più facile riconoscere le persone dallo sguardo, è una parte importante e personale del volto. Cancellarlo completamente è eccessivo: queste persone avevano un’identità di cui sono però state private e ora devono ricominciare con questa consapevolezza.
Un’ultima domanda, allora, su come vedi la tua identità artistica.
Non credo di essere ancora arrivata a quello che vorrei esprimere. È molto importante riuscire a rendere graficamente ciò che immagino. Il mio obiettivo è riuscire a trasmettere attraverso l’illustrazione ciò che vedo io. Per questo è necessaria una buona abilità tecnica, ma soprattutto continuare a lavorare sulla comunicazione, sul potenziale che l’arte ha di veicolare una sensazione.
Pubblicato sul numero 61 della Falla, gennaio 2021
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