«Fotografa della mafia» è uno degli appellativi, non del tutto esaustivo, con cui la pubblicistica si è spesso riferita a Letizia Battaglia, premiata fotografa e fotoreporter, giornalista, politica italiana che a 87 anni ci ha salutato. La personalità, il carattere e lo sguardo profondo e attento che emergono dai suoi scatti ne hanno fatto una narratrice inconfondibile che ci ha riconsegnato un’immagine dell’Italia, della Palermo martoriata dalla mafia, delle vittime, delle persone, di impareggiabile potere evocativo.
Eppure, nemmeno questa introduzione ce ne restituisce appieno la dimensione. Dopo la parentesi milanese dei primi anni Settanta, costellata di tante collaborazioni, il suo spirito intraprendente l’ha riportata a Palermo, sua città natale, per fondare con il compagno Franco Zecchin un’agenzia fotografica indipendente. Sono stati questi i preziosi anni degli scatti palermitani che hanno contribuito significativamente a fare emergere, parallelamente al suo talento, l’immagine di una città e di un’Italia strette nel ricatto della violenza (si pensi alla foto di Piersanti Mattarella, assassinato dalla mafia, tra le braccia del fratello Sergio).
Il lavoro di Battaglia, che si è declinato anche in attiva militanza politica, ha smosso profondamente le coscienze pubbliche e private ed è diventato simbolo di impegno sociale attivo per giustizia e libertà. Un impegno riconosciuto anche da prestigiosi premi nazionali e internazionali (è la prima donna europea ad aver ricevuto il premio «Eugene Smith») e dal seguito partecipato che è stata capace di ispirare.
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