Forse perché si ottiene mescolando il rosa e l’azzurro, spesso associati al femminile e al maschile, ma che il color lavanda sia profondamente queer è quasi un cliché. Le ragioni di questa associazione non sono certe ma già nel 1926 Carl Sandburg, un biografo di Abraham Lincoln, allude alle amicizie maschili del presidente degli Stati Uniti come macchiate di «un tocco di lavanda, punti deboli come viole di maggio». Sempre negli USA, a metà del secolo scorso la società è pervasa dalla «paura rossa» contro comunisti e anarchici, e a questa si affianca anche una meno nota lavender scare, che ha come bersaglio le persone omosessuali. E ancora, nel 1969, Betty Friedan della National Organization for Women definisce «minaccia color lavanda» la presenza di gruppi lesbici dentro il movimento femminista. La risposta irriverente arriva a un congresso dell’anno successivo, quando attiviste lesbiche si presentano indossando magliette con la scritta Lavender Menace. Infine, a Hollywood e dintorni si chiamavano lavender marriages quei matrimoni «di convenienza» fatti apposta per celare l’omosessualità delle star. Non stupisce quindi che nel 2017 il padre della bandiera arcobaleno Gilbert Baker ne crei una versione a 9 strisce in cui il lavanda «rappresenta la diversità e aggiunge un colore che rappresenti la nostra resistenza».
Illustrazione di Claudia Tarabella
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