DUE DELIBERE: TRA OBIETTIVI RAGGIUNTI E PERPLESSITÀ
Ieri, 30 settembre, due notizie sono state salutate come grandi cambiamenti in positivo per la vita delle persone trans* in Italia.
La prima, di portata locale, riguarda l’adozione da parte della giunta regionale dell’Emilia Romagna di una delibera che prevede l’accesso gratuito ai farmaci per la terapia ormonale da parte di tutte le persone trans*. All’utente verrà rilasciato un piano terapeutico con il quale si recherà nelle farmacie ospedaliere a ritirare gratuitamente il farmaco prescritto. Per i bolognesi, anche quelli d’adozione, non cambia nulla: era già questa la routine in vigore al policlinico Sant’Orsola. Per tutte le altre persone T, invece, il mutamento è epocale. Fino a ora, infatti, in Emilia Romagna (come quasi ovunque nel resto d’Italia), l’accesso gratuito con piano terapeutico era garantito solo a quanti avessero già cambiato i documenti. Questo perché, in teoria, secondo le direttive dell’Agenzia Italiana del Farmaco, il testosterone può essere prescritto solo a persone con la M sui documenti, e i farmaci a base di estrogeni solo a persone legalmente riconosciute come femmine.
L’Emilia Romagna ha compiuto così un passo importante nel garantire il diritto alla salute delle persone trans*, perché contempla ufficialmente la possibilità che esistano corpi non conformi rispetto alle aspettative imposte dal nome (e dal genere) segnato sul documento d’iscrizione al Ssn.
L’altra notizia, invece, riguarda proprio una determina dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ente pubblico che, prima dello scoppio della pandemia in corso, era da tempo oggetto di forti critiche da parte di alcuni attivisti trans*. Il motivo risiede in quelle linee guida per la prescrizione dei farmaci che avevano escluso dall’accesso agli ormoni, almeno in linea teorica, le persone trans* che non desiderassero o non potessero cambiare i documenti. A causa di quelle linee guida si sono determinati saltuariamente problemi di accesso ai farmaci per le persone che, con i documenti non modificati, si sono viste rifiutare la prescrizione dal farmacista. È inoltre opinione diffusa, sulla cui fondatezza è però difficile avere risposte certe, che il mancato riconoscimento da parte di Aifa dell’utenza trans* possa aver contribuito a determinare le situazioni di gravissima carenza di alcune tipologie di farmaci – principalmente, di nuovo, quelli a base di testosterone.
Con la risoluzione adottata il 23 settembre, e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30, Aifa ha finalmente riconosciuto che le persone trans* esistono e usano ormoni. Ha dunque aggiornato le indicazioni terapeutiche dei farmaci a base di ormoni, e ha inserito tutte le formulazioni di testosterone e di estrogeni/antiandrogeni nell’elenco dei farmaci erogabili gratuitamente dal Ssn. Al contempo, ha stabilito delle condizioni per la prescrizione di tali farmaci che continuano a essere estremamente restrittive.
Innanzitutto, la determina pone come condizione per l’erogazione del farmaco una diagnosi clinica. Con gli attuali protocolli, che non contemplano un accesso alle sostanze a base di ormoni tramite un modello di consenso informato, non era possibile attendersi nulla di diverso.
Nell’allegato 1, poi, si specifica che il prescrivente non può essere un qualunque medico specialista, ma solo «specialisti che operano all’interno di team multidisciplinari con comprovata esperienza nel supporto delle persone con disforia/incongruenza di genere».
Questa condizione blinda di fatto la posizione dei grossi centri stabiliti da anni, gli unici che, immaginiamo, possano attestare la comprovata esperienza necessaria per figurare fra i prescriventi. Viene di fatto impedito che la prescrizione sia erogata da un qualunque medico specialista dell’Asl di riferimento, come avviene per qualunque altra condizione che richieda assistenza sanitaria. Genera, questa direttiva, ancora una volta esclusione: se tutte le persone trans* vanno in un unico centro, la maggior parte dei sanitari che lavorano negli ospedali di Italia continuerà a non vedere mai una persona trans* nella sua carriera. E viene da domandarsi, una buona volta: perché mai tutti gli endocrinologi possono occuparsi di disturbi della tiroide, ma solo quelli che operano in équipe multidisciplinari possono prescrivere testosterone a un FtM? Si tratta di una perplessità realistica: in Italia, secondo la mappa riportata da Infotrans, portale gestito dall’Istituto superiore di sanità, esistono solo 14 «centri». Meno di uno per regione. Mettendo insieme «centri», «consultori» e «asl» si arriva a 22 punti di accoglienza, di cui solo 7 a sud di Roma e nessuno (nessuno) in Sardegna.
L’idea che si tratti di una determina estremamente positiva per le persone trans* è per chi scrive fonte di grande sorpresa.
Ci sono, certo, cose buone. Per esempio, sono stabiliti nero su bianco i tipi di controlli e i valori ematici attesi nel corso della terapia. Ma che dire, per esempio, dei livelli consigliati di testosterone da raggiungere, che escludono quanti potrebbero desiderare di applicare solo piccole dosi? Possibile che gli esperti multidisciplinari si siano dimenticati delle soggettività non binarie?
Può darsi che l’applicazione di questa determina ci stupisca, e che ne esca una reale facilità di reperimento dei farmaci, con una proliferazione tale di centri specializzati da rendere l’accesso alle terapie un diritto garantito in ogni parte d’Italia. Con un po’ di esperienza alle spalle, tuttavia, non ce la sentiamo di scommetterci su.
Immagine in evidenza da sky.it immagine nel testo da gaiaitalia.com e parmareport.it
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