«Quando viene dicembre» si finisce quasi sempre per fare dei bilanci sull’anno passato, ma soprattutto per mettere in campo i cosiddetti buoni propositi per il futuro. Verrebbe da dire che quella finestra tra Natale e Capodanno sia in qualche modo la soglia della prestazionalità: vogliamo cambiare, crescere, reinventarci, ci rinfranchiamo nella speranza di una maggiore bontà che dovrebbe contraddistinguerci e ci spaventiamo per le visite ricevute dal povero vecchio Scrooge. In effetti quelle apparizioni fantasmatiche, eredi di una tendenza assai diffusa a raccontarsi sotto Natale storie del terrore, ce la dicono lunga su cosa possano essere i fantasmi: ricordi, desideri, speranze, tutto ciò che ci portiamo appresso e che ciclicamente torna ad afferrarci. Inutile aggiungere che come soggettività queer tutto questo è spesso condito di malumore e amarezza, spesso costrette a tornare a legami malsani dettati dal sangue e da cui vorremmo fuggire, o nei quali non ritroviamo altro che un’alterità ferita. 

Da tutto questo è difficile scappare, ma se scegliamo di qualificare le feste come un momento in cui sedersi attorno al fuoco e basta, a raccontare i nostri corpi ad altri corpi che abbiamo scelto, forse una speranza c’è davvero. Cambiamo, se vogliamo cambiare, progettiamo, se vogliamo progettare, ma facciamolo per una volta volendoci bene e non volendoci migliori, pensandoci mutate, ma non necessariamente tanto diverse da essere altre. Facciamolo creando fantasmi le cui visite ci angoscino meno.

E se dovesse proprio essere difficile immaginare la complessità di quello che ci portiamo appresso, come corpi, senza saperlo, allora attorno al fuoco quello che potremmo leggerci a vicenda è l’ultimo sforzo che, come redazione, abbiamo dato alle stampe: Clamorosə. Corpo: un atlante di forme possibili. Come sempre le voci sono molte, le forme diverse, i nostri corpi, tra queste pagine, molteplici. In effetti senza pensarci abbiamo forse costruito una nostra Fantasmagoriana, non rimane che sperare che possa dare vita a infinite creature come accadde, stranamente, a Villa Diodati. Anche se le notti di quei giorni erano notti d’estate.

Immagine in evidenza: genderspectrum.vice.com