SORDITA’ LGBT+
Sordo non equivale a muto, sordo non equivale automaticamente a persona che usa la Lingua Italiana dei Segni (LIS), sordo non equivale a privo di sessualità (tutti i sordi hanno un orientamento sessuale e questo non è necessariamente eterosessuale), alcuni sordi sono artisti o personaggi pubblici, ma ciò non implica che parlino anche della loro disabilità.
A usare la lingua dei segni ormai sono solo persone anziane o vissute nel periodo di transizione in cui queste novità non erano molto diffuse, insieme a sordi che hanno anche altre patologie o semplicemente una riabilitazione più difficile, e persone affette da disturbi del linguaggio. Ottimi esempi in tal senso dovrebbero essere il talentuoso pianista Davide Santacolomba, esibitosi a Italia’s got talent, a riprova che con adeguato impegno un sordo può avere una buona educazione musicale, e la scrittrice Erika Polignino, la quale, nei propri romanzi – legati alla subcultura goth – scrive di bisessualità e lesbismo, ma mai della propria disabilità, menzionando quest’ultima in post sporadici sulla propria pagina Facebook.
L’utilizzo di strumenti specifici a supporto dell’udito è possibile anche grazie al fatto che l’Italia gode ancora di un sistema sanitario nazionale che copre del tutto o per la maggior parte le spese legate ad acquisto, manutenzione, riparazione di protesi e impianti, e le sedute logopediche, creando quindi un bacino di sordi in linea con quanto descritto sopra.
Invece negli Stati Uniti la situazione è molto più variegata, perché ricevere protesi o impianti o logopedia dipende dall’avere o meno un’assicurazione sanitaria, quindi è più economico insegnare comunque a tutti i sordi la lingua dei segni per poi differenziare gli strumenti usati a seconda di quanto si può pagare, indipendentemente dai risultati ottenuti.
Buoni esempi sono Jodi Lerner, personaggio della serie The L World, interpretata dall’attrice Marlee Matlin, che è una bilingue inglese-lingua dei segni, insieme a Nyle DiMarco, modello sessualmente fluido vincitore di America’s Next Top Model e sordo segnante, che ha destato scalpore decidendo di non usare protesi acustiche; così come Jessica Kellgren-Fozard, youtuber e blogger felicemente ammogliata, che oltre a parlare di vintage tenta di analizzare i rapporti tra sordità e omosessualità.
Al di là di web e media, dove si può trovare una persona sorda in cerca di divertimento? Più probabilmente in una galleria d’arte o in una libreria o a guardare film e serie sottotitolati su Netflix, meno spesso in discoteca e tra le poltroncine di un cinema o a teatro (non a caso negli ultimi anni c’è stato un fiorire di iniziative per rendere tali spettacoli fruibili a tutti). Questo perché un supporto scritto alle parole pronunciate libera dal dubbio di non aver capito qualcosa o di avere le protesi malfunzionanti. Aver bisogno di – relativamente – pochi adattamenti nella vita quotidiana non equivale a sentirsi sempre perfettamente integrati tra i normoudenti e quindi ad accettare i loro modelli di riferimento e la rappresentazione che danno della sordità. La sfida di questi anni è controbattere alla narrazione che presenta la sordità come una condanna all’emarginazione, facendo in modo che le persone sorde abbiano gli strumenti per capire sé stesse e la propria sessualità, e possano quindi parlare in prima persona senza delegare questo compito.
pubblicato sul numero 43 della Falla, marzo 2019
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