In forme (add editore, 2025) è un libro che mostra con estrema chiarezza i paradossi e le insensatezze del binarismo di genere nella nostra società, e lo fa con un classico espediente narrativo fantascientifico che continua a funzionare: come ci vedrebbe un alieno che non conosce nulla del nostro modo di vivere? Quanto apparirebbero ridicoli i rigidi dettami che ci siamo autoimposti come società in merito alle aspettative di genere guardandoli dall’esterno? E come faremmo a descrivere, a chi non concepisce il concetto di maschile contrapposto al femminile, come dovrebbe comportarsi, vestirsi e persino camminare una donna per essere considerata tale?
La creatura narrante è costretta a sforzarsi di capirlo, poiché bloccata sul nostro pianeta a seguito di un guasto tecnico del suo mezzo di trasporto e deve, quindi, necessariamente trovare il modo di sopravvivere in un luogo che le è ostile.
La forza di gravità le rende estremamente complesso ogni movimento, il suo aspetto – disgustoso agli occhi umani – la obbliga a cambiare forma per potersi mostrare senza destare turbamenti. Non appena realizzato che la sua permanenza sulla Terra potrebbe prolungarsi a tempo indeterminato, l’alieno è obbligato ad ingegnarsi per procacciarsi del cibo saziante, e, dopo qualche tentativo con piante e oggetti inanimati, scopre che gli esseri umani sono la migliore fonte di nutrimento per il suo corpo.
Si rende presto conto che il modo migliore per avere accesso a carne umana è l’utilizzo di dating app, grazie alle quali la creatura si assicura sempre vittime sole e semplici per lei da raggiungere, oltre a potersi trasformare assecondando le preferenze di ogni partner. Ogni approvvigionamento è preceduto da un incontro sessuale, non utilizzato come mero pretesto per avvicinare le vittime, ma come parte del processo di caccia. Oltre al nutrimento, infatti, l’alieno cerca una soddisfazione erotica – e a tratti sentimentale – che lo fa vivere in un costante stato di frustrazione: la piena consapevolezza che se si presentasse nella sua vera forma gli esseri umani lo troverebbero repellente, e l’impossibilità di poter instaurare reali relazioni con i suoi date, poiché, se così facesse, morirebbe di stenti.
Durante il racconto, scandito da appuntamenti a tutte le ore che terminano inevitabilmente con una sorta di rito di macellazione ormai consolidato, la fame fisica si mischia a una sorta di fame emotiva, poiché l’alieno percepisce come estremamente doloroso il sentirsi l’unico essere appartenente a una certa categoria, senza nessuna possibilità di condivisione o vicinanza con qualcuno di simile.
È difficile non notare un parallelismo tra vita personale dell’artista e opera, in questo esordio: Dolki Min (they/them) è, infatti, lo pseudonimo di una figura enigmatica che non ha mai rivelato la sua identità e si presenta in pubblico indossando una maschera, cercando di evitare di cadere in categorie stereotipate che forse percepisce come troppo strette. Con una prosa tagliente, una scrittura graficamente sperimentale e varie illustrazioni a corredo eseguite sempre da Dolki Min, In forme ci parla di solitudine e senso di estraneità al mondo che ci circonda in modo così convincente da riuscire a far empatizzare persino con una creatura che, se la incontrassimo ad un appuntamento, avrebbe già pianificato come ucciderci.
Immagini in evidenza: addeditore.it

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