La storia dell’uomo che ha fondato la prima squadra di calcio gay della Gran Bretagna
Che il calcio sia un ambiente omofobo non è una novità. Sappiamo che Justin Fashanu, britannico, il primo giocatore professionista al mondo a dichiararsi gay nel 1990, finì suicida nel 1998. Sappiamo che nel mondo intero i giocatori professionisti che si sono dichiarati gay sono quasi zero e che i più famosi lo hanno fatto a fine carriera, per evitare ripercussioni, come il tedesco Thomas Hitzlsperger, che ha giocato brevemente anche nella Lazio e che nella Premiere League inglese era soprannominato “il martello” (sic). Sappiamo quali illuminate opinioni vomita Carlo Tavecchio, presidente della Figc, a intervalli regolari di tempo.
Dopo la strage che il 12 giugno scorso a Orlando ha ucciso 49 persone LGBT+, le prime quattro partite degli europei che si sono disputate dopo la tragedia non hanno nemmeno osservato un minuto di silenzio, come è prassi istituzionale fare in questi casi.
Anche se ancora confinata nel recinto delle serie non professionistiche, una boccata di ossigeno ci arriva dallo stesso mondo del calcio inglese che rese Fashanu un parìa. Aslie Pitter è un signore ultracinquantenne, che nel 1991 ha fondato lo Stonewall F.C., la prima squadra di calcio gay della Gran Bretagna e che resta ancor oggi quella di maggior successo. Pitter, di origini giamaicane, ha scoperto di essere gay a 10 anni e ha sempre giocato a calcio, non solo in squadre amatoriali, ma anche nella giovanile del Sutton United. Mentre giocava nei Clapham Old Boys è stato retrocesso dalla prima alla quarta formazione, quando hanno saputo del suo orientamento sessuale. Sentendosi non voluto, ha smesso. Giocare a calcio era, a quei tempi specialmente, un’attività molto al di fuori dallo stereotipo del gay inglese, tradizionalmente dedito al nuoto, al badminton e al ballo. Era difficile trovare suoi simili con cui condividere questa passione.
Aslie allora ha fatto una mossa classica dell’era pre-internet: ha messo un annuncio sulla rivista gay Time out per trovare altre persone interessate. Hanno risposto in sette, cominciando a incontrarsi la domenica mattina a Regent’s Park per dare quattro calci a un pallone, senza altro scopo che quello di divertirsi senza nascondere se stessi. Era la nascita dello Stonewall F.C., che, crescendo, si è iscritto a una lega per dilettanti che, come ricorda lo stesso Pitter, “era una lega etero, il che ha significato più abusi”. Ora il suo club ha tre squadre che giocano in altrettanti campionati amatoriali, e “le cose sono molto migliorate: nelle ultime tre o quattro stagioni non ho più sentito insulti omofobi”. Lo Stonewall F.C. è l’attuale campione del mondo dei Gay Games, titolo che ha conquistato nel 2014 per la quarta volta e ha vinto per ben nove volte gli Europei Gay.
Aslie Pitter vive ancora a Londra insieme al marito e fa il vice direttore da Boots, oltre a giocare e a fare il manager per la seconda squadra del suo club. Nel 2011 ha ricevuto a Buckingham Palace l’onorificenza di Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico per il suo impegno ventennale contro l’omofobia.
Intervistato a maggio di quest’anno dal programma sportivo trasmesso su YouTube Keep Onside Show, questo è stato il suo consiglio ai giovani aspiranti giocatori: “Che siate gay, etero, bisessuali o transgender, se amate giocare e volete giocare, allora giocate, perché se decidete di nascondervi non cambierà nulla. Siamo tutti uguali, abbiamo tutti insicurezze e ambizioni. Ma se lasciate dettare agli altri cosa potete e non potete fare, allora vinceranno loro”.
pubblicato sul numero 17 della Falla – luglio/agosto/settembre 2016
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