GIORNI DI UN FUTURO PASSATO
Tra le tante attività che si possono svolgere al Cassero, la più ancien avvolta dal profumo della carta stampata è il Centro di documentazione. Ne sono stato responsabile, insieme a Claudia, intorno alla metà degli anni Novanta. Il primissimo incontro con la mia collega fu davvero insolito. Era da poco nata la serie di eventi che avevamo chiamato Libera Università Omosessuale, e un pomeriggio fremevano i preparativi per l’incontro con la madre di Giovanni Dall’Orto, Paola, che bisognava andare a prendere in stazione, quando suonarono all’ingresso di Porta Saragozza. Aprii, era Claudia. Un po’ emozionata e timida, tentò di spiegarmi che era appena arrivata dalle Marche e che aveva tanto sentito parlare del Cassero. Reagii chiedendo se avesse una macchina. Al suo sì, mi chiusi la porta alle spalle e andammo ad accogliere l’ospite al treno. Non male come avvio di un attivismo.
Tra i libri e i tavoli dell’archivio si alternavano attività molto diverse. Per fare alcuni esempi, posso citare l’importante ricerca sul campo svolta per mesi dal sociologo Marzio Barbagli (che lo condusse alla pubblicazione Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, Il Mulino, 2001, insieme ad Asher Colombo, ndr). Prevedeva la compilazione di lunghi questionari con tanto di campioni differenziati e gruppi di controllo. Da addetti, il nostro coinvolgimento si limitava a fornire cancelleria, ordine e qualche persona omosessuale. Le cose cambiavano quando a farci visita non erano illustri professori. Ci fu un periodo in cui arrivavano due loschi figuri che spulciavano tra i libri, fotocopiavano alcune pagine, pagavano le copie e si dileguavano. Tutto furtivamente. Quando abbiamo scoperto che cercavano immagini di bambini, gli abbiamo reso le cose impossibili. Materiale nascosto, fotocopiatrice guasta e considerazioni sulle forze dell’ordine ad alta voce. Solo un’altra visita risultava più bizzarra. Ogni settimana, un frate molto anziano suonava e per non fargli fare tre piani di scale lo raggiungevamo alla porta con qualche video, rigorosamente porno gay, e preso a caso da uno scatolone dove giacevano le donazioni Vm (vietate ai minori, ndr). Sorrideva, restituiva il vecchio, prendeva il nuovo e ci benediva.
I momenti più effervescenti erano le riunioni del gruppo cultura, ideate dal neo responsabile Daniele, in cui si progettava, si distribuivano compiti, ma soprattutto si delirava.
Sapevamo di essere un archivio di nicchia, soprattutto perché non ne avevamo mai visto un altro. Finché un giorno viene organizzato a Milano un incontro tra tutti gli archivi LGBT+ d’Italia. Solo allora ci rendemmo conto di aver precorso i tempi. L’incontro aveva come obiettivo lo scambio di informazioni e materiali. Noi distribuimmo una cartolina stampata in tipografia con su riportati i numeri relativi al nostro materiale, cioè quanti libri, quante riviste, quante Vhs costituivano il nostro posseduto, e sul retro l’indirizzo web della rivista telematica prodotta dai nostri incontri, www.scintilla.net. Era il 1995. E al Cdoc tra accademici, cicli di incontri, pedofili, frati, gruppi, catalogazioni e Internet, ci sentivamo già un po’ nel futuro.
Pubblicato sul numero 47 della Falla, luglio/agosto/settembre 2019
Immagine in evidenza realizzata da Vinnie Palombino
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