Il Made in Bo è stato per molti anni il palcoscenico che ha visto crescere lo spettacolo The Italian Miss Alternative. Lo scopo dell’evento era raccogliere fondi da destinare alle associazioni amiche che si occupavano di lotta all’AIDS. E la formula che ci sgravava da ulteriori tassazioni era l’offerta libera. Si può facilmente immaginare che estorcere quanto più denaro possibile al pubblico estasiato era una nostra precisa missione. In una di queste edizioni al Parco Nord, le nostre benemerite mascotte Niki e Bagonga erano collocate all’entrata col bidone delle offerte a compiere il nostro glorioso mandato. In pratica traducevano la dicitura “offerta libera” in “scordati di entrare se non scuci almeno diecimila lire”. Un avventore, socio del Cassero, si impuntò sulla correttezza della dicitura, ma le nostre fecero muro. L’ostinato si allontanò e chiamò la Guardia di Finanza. Poco dopo, nel backstage, arrivarono i gendarmi in divisa. Il loro imbarazzo di fronte alla fauna che si trovarono di fronte era palpabile. Io, vestito con un tubino di lattice bianco e un oblò della lavatrice come collana, affrontai le guardie. Loro non mi spiegavano cosa stesse succedendo e continuavano a dire che bisognava fermare lo show.

Stefano Casagrande e Clelia Sedda presentano Miss Alternative (1998)

Io con nonchalance spiegai che era impossibile fermarlo. Decisero quindi di farsi strada per raggiungere il palcoscenico e recarsi da Stefano Casagrande che presentava. Avrei pagato il mio peso in oro per assistere alla gag della baffo in minigonna che, senza spegnere il microfono, avrebbe costretto le guardie a sfilare.

Per accedere al palco dal backstage bisognava salire una scala che in quel momento era occupata dalla modella successiva prevista dalla scaletta. Si trattava di Fiele Molotova, vestita di un abitino costruito con banconote facsimile plastificate, e un cappello a tesa larga sopra cui stava un circuito automobilistico con tanto di automobili incollate. Quando fecero per salire, Fiele posò una mano sulla testa della prima guardia e disse: “Ora tocca a me!”. Capirono immediatamente che non c’era verso. E decisero di andar via portandosi in centrale il bidone trasparente coi soldi e le nostre due addette all’estorsione, che sparirono in manette al grido di “Aiutateci! Quella stronza ci ha denunciate”.

Seguirono telefonate di fuoco con tanto di minacce di morte al poveraccio. L’epilogo fu che riuscimmo a liberare le ragazze la sera stessa, ottenere i soldi indietro due giorni dopo, e con un’assemblea ritirare la tessera al miserabile. Scorrette sì, ma per una buona causa.

pubblicato sul numero 2 della Falla – febbraio 2015

immagine realizzata da Vincenzo Palombino del collettivo artistico Gli Infanti