Scritto nel 1995, esce solo nel 2022 la traduzione italiana di Membrana (add editore), romanzo di fantascienza di Chi Ta-Wei.
Definirlo “romanzo di fantascienza” è in realtà riduttivo e anche un po’ depistante, perché non rende conto delle note cyberpunk e speculative che lo caratterizzano.
Membrana è il titolo perfetto per una storia che parla di isolamento e dei tentativi per uscirne. La protagonista, Momo, vive nel 2100 in un mondo ormai talmente surriscaldato da non essere più abitabile. L’umanità si è rifugiata nei fondali marini e per sopravvivere ha bisogno di avvolgere le città in membrane protettive per isolarsi dall’acqua e respirare. Le piante devono essere coltivate in serre, gli animali sono quasi tutti estinti e anche le persone patiscono per la vita artificiale in cui sono rinchiuse, subendone i danni letteralmente sulla propria pelle, un’altra membrana della storia. Per questo motivo le estetiste sono professioniste molto richieste.
Momo è una di loro, ma è diversa dalle altre: vive una vita ritirata laddove le colleghe si comportano da dive. Ha contatti solo con lə suə clienti, sulla cui pelle applica una crema che come una membrana – la terza della storia – protegge ma nasconde un segreto: in realtà è uno scanner che memorizza le sensazioni di chi la porta e, una volta rimossa, le trasmette al computer di Momo.
Attraverso queste membrane-scanner, Momo vive le vite altrui, le loro pene, le loro gioie, anche la loro vita sessuale. Tutto in maniera vivida ma virtuale.
Del resto questo mondo è così: quasi tutto è artificiale e le parti del corpo possono essere sostituite quando si ammalano, grazie ai ricambi forniti da androidi.
Anche Momo, da piccola, ha usufruito del corpo di ricambio di un’androide (e l’apostrofo non è una svista). Chiusa in ospedale per mesi, con l’unica compagnia dell’amica Andy, Momo è stata sottoposta a un’operazione molto impegnativa che le ha salvato la vita ma gliel’ha anche rovinata: una volta terminata l’operazione, Momo si è ritrovata sola, senza Andy e ben presto anche senza la madre. Perché? Momo lo scoprirà quando la madre si farà viva dopo vent’anni di silenzio, costringendo la protagonista – e chi legge – a reinterpretare tutti gli elementi (cose e persone, comportamenti e luoghi) in una chiave completamente diversa.
Le membrane della storia sono tutte strumenti che isolano ma al tempo stesso proteggono e veicolano la comunicazione tra interno ed esterno. In Membrana, le dicotomie dentro-fuori, reale-artificiale, immaginato-vissuto, umano-androide, per citarne solo alcune, si ibridano e sconfinano l’una nell’altra; è questo processo il vero cardine della narrazione, nonché della queerness di questo romanzo definito appunto a tema “queer” e “trans”. A mio avviso, però, non sono questi i temi portanti.
È vero, la madre voleva una figlia e quindi ha cresciuto Momo come tale. Nel mondo in cui vivono, i genitali possono essere sostituiti a piacimento: quando Momo viene operata per motivi di salute, la madre coglie l’occasione per sostituirle anche quelli. Momo, che già si identifica nel genere femminile da quando è nata, quasi non ci fa caso, come se fosse sempre stata così. Il cambiamento dei genitali quindi non ha implicazioni rilevanti per la vita di Momo, né per la sua identità di genere. Chi Ta-Wei cerca anche, efficacemente, di superare gli stereotipi sessuali tipici della fantascienza, e cita come riferimenti letterari Margaret Atwood, Octavia E. Butler e Ursula K. Le Guin in un’intervista rilasciata in occasione del Lucca Comics 2022 per Radio Impronta Digitale – Fantasy on Air. I frequenti riferimenti a Pier Paolo Pasolini sono poi una chicca che il pubblico italiano apprezzerà sicuramente.
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