L’undici luglio 2013 il servizio di streaming online Netflix presentò al mondo i primi tredici episodi di una nuova serie televisiva, ispirata alle memorie di Piper Kerman Orange is the new black: my year in a women’s prison, dando nuova speranza alle lesbiche di tutto il mondo rimaste orfane di The L-Word, depresse da Lip Service, e aggrappate ai due o tre minuti di lesbismo di Grey’s Anatomy.
Gli elementi per essere il nuovo telefilm di culto c’erano già tutti: prigione femminile, protagonista bisessuale, due personaggi maschili in croce e… ho già detto prigione femminile? Insomma, eravamo già pronte a sostituire Shane con un’altra lesbica di tendenza, a goderci scene di seduzione improbabili nelle docce, e tante, tante donne elegantemente ed eteronormativamente vestite di arancione. E a farci bastare tutto questo.
E invece, in quel caldo giorno di luglio, da una Los Angeles piena di lesbiche tutte uguali e di scene di sesso da film erotico anni Ottanta, ripetitive e patinate, ci siamo ritrovate in una prigione femminile che per la prima volta osava mostrare una realtà ben più vasta e complessa: in Orange is the new black venivano mostrate per la prima volta una diversità e una sessualità non solo estetiche o politiche, focalizzandosi su storie di donne vissute ai margini della società per il loro orientamento sessuale, la loro identità di genere, il loro contesto culturale e tanto altro. Curioso come in un contesto same-sex, quale una prigione femminile, sia proprio la varietà di identità e personaggi a farla da padrona, quando persino le migliori serie televisive LGBT+ hanno avuto grandissime difficoltà a trascendere dalla loro sessualità (cosa rimane del bellissimo Queer as Folk una volta tolta la sessualità dei protagonisti?).
Ecco, potrei parlarvi di tutto questo e fare una splendida riflessione su quanto sia queer e avanti questo telefilm, ma questa è una rubrica ironica lesbica e le ragazze di tutto il mondo di fatto si stanno già dividendo in coloro che venderebbero casa, moto e gatto per una notte di fuoco con Ruby Rose e… boh, nessun altro. Quindi, che lo facciate per il profondo e nuovo taglio intersezionale del telefilm, o trasportati dall’ormonite e dal feticismo per gli occhiali da vista di Alex Vause, il 12 giugno guardatevi l’attesissima terza stagione di questo incredibile telefilm, oppure, beh… a giugno riprendete pure True Detective.
pubblicato sul numero 6 della Falla – giugno 2015
Immagine realizzata da Andrea Talevi
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