A Palazzo Belloni fino al 7 Maggio uno sguardo inconsueto sull’opera di Dalì, che per l’occasione danza, barrisce, sospira…
di Roberto Pisano e Irene Moretti
foto di Irene Moretti
Non che Salvador Dalì sia mai stato considerato un intellettuale ordinario, quale che sia il senso che si vuole attribuire all’aggettivo. Eppure un allestimento come quello predisposto da con-fine Art non si era mai visto. Dall’autunno scorso è visitabile a Palazzo Belloni (via Barberia, 19) il percorso multimediale creato dal gruppo creativo Loop, tra i più importanti sperimentatori in Italia di tecnologie interattive applicate all’arte.
Per l’occasione siamo andati a vedere se è stata resa giustizia all’artista catalano, e ci siamo fatti coinvolgere nel percorso multimediale che si snoda tra le sontuose sale affrescate della ex Casa Cantelli, un tempo dimora di una ricca famiglia bolognese. Un paio d’ore per vedere le oltre 200 opere esposte che dialogano con proiezioni, racconti in viva voce di Dalì, animali imbizzarriti e animazioni 3D.
La mostra è stata curata esprimendo la massima attenzione verso tutti i sensi, costringendo la tridimensionalità delle opere scultoree ad evolversi fino ad una quarta dimensione virtuale. In piena continuità con le ambizioni di Dalì, visionario ma rigoroso esploratore della psicanalisi e della fisica delle particelle. Ben più che un pittore surrealista: fu infatti un fertile innovatore nella letteratura e nel cinema, oltre che ovviamente nella moda e nel design.
Niente di didascalico, dunque, sebbene il percorso sia abbastanza rispettoso delle fasi artistiche di Dalì, tracciando una sottile correlazione tra la biografia ed evoluzione della sua estetica. Un messaggio emotivo che potrebbe avvicinare un pubblico diverso alle esposizioni e comunque catturare anche i visitatori tradizionali, anche se alcuni hanno lamentato un certo grado di incompletezza nella contestualizzazione della sua opera.
Ascoltare le fiabe di Lafontaine osservandone il racconto per illustrazioni, soffiare per generare il suono di un vento potente che introduce a una sala con le opere più angosciate. Passeggiare per i corridoi equivale a una passeggiata per i labirinti della mente di Dalì, fino alla stanza totalmente immersiva dedicata a Spellbound, film di Hitchcock del 1945, che mette in scena la sequenza del sogno in modo analogo a quanto Salvador Dalí faceva nelle sue opere.
Una fitta colonna di formiche conduce infine al cortile interno, dal quale si accede ai bagni, immancabilmente teatro di ulteriori installazioni in tono con lo spirito dell’artista, incluso un dialogo impossibile tra il visionario catalano e Tatti Sanguineti che sbuca dall’oblò della lavatrice.
Il surrealismo è a 360° e ha coinvolto nei mesi anche istituzioni e luoghi della città, nel tentativo di alterare il confine dentro-fuori. E’ anche disponibile un’app di realtà aumentata per gettare lo sguardo sulla città con gli occhi di Dalì, intercettando gli oggetti del suo mondo distribuiti per le strade (l’orologio di Palazzo d’Accursio diventa una delle soffici cipolle de La persistenza della memoria), anche in quelle periferiche.
La Falla non si è sottratta e ha interagito con queste opere, così come i vostri cronisti surrealisti e baffuti per l’occasione.
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