Trasferirsi a Parigi per amore ed essere mollatə in sei mesi. Un classico dei tempi moderni. Come rifarsi una vita che assomigli il più possibile alla bolla materna di Bologna e del Cassero? Inizialmente ho contattato un vecchio amico casserino che abita qui da 5 anni. Scopro da lui che la vita notturna è per lo più divisa in ghetti: frocie da una parte, lesbiche dall’altra, trans* da un’altra parte ancora. Questo, per me, è stato lo shock iniziale, abituata com’ero a quel groviglio di corpi che mi coccolava a Bologna. In quanto donna, qui non posso entrare alle serate orse e manco a tante omo.
Le lesbiche parigine mi spaventano, sono troppo aggressive e fumano troppo, quindi opto per il bar trans*, molto più tranquillo e inclusivo. Una sera mi ritrovo a un concerto punk queer e mi prendo una cotta per la batterista di un gruppo. Per un anno li seguo nei peggiori locali dell’underground parigino, molto più simile a me e al mio passato. Ero sempre sola e ho pensato spesso a quel ragazzo alto, con gli occhiali, che veniva al Cassero ogni sera, si prendeva le sue due birre e se ne stava in un angolo a osservare gli altri. Ho capito quanto sia difficile farsi degli amici, superata una certa soglia di età e con la barriera linguistica che ti marchia peggio dell’aglio nella bagna cauda. Non credete ai parigini che vi dicono che non è un problema, perché son diventata più invisibile della tappezzeria di un motel.
Purtroppo sono povera e vivo a 20 km da Parigi, il treno si ferma alle 23.00 per lavori sulle rotaie e, per me, la vita notturna, che è il solo modo per riuscire a socializzare, si arresta di colpo. Qui ho due amiche, italiane, incredibilmente diverse da me. Con una vado alle manifestazioni femministe, ma mi ci trovo a litigare un pomeriggio scoprendo la sua terfaggine. Ora ci vediamo poco e parliamo solo del tempo. L’altra ha partecipato con me alla sua prima Marche des fiertés, scambiandola per il carnevale di Londra, ma le voglio bene lo stesso, perché vorrebbe vedermi felice e mi ascolta paziente ogni volta che le racconto del mio mondo LGBT+. Ah, una volta sono riuscita a incontrare una ragazza conosciuta su una app, dopo aver scartato innumerevoli inviti a orgie, escort per donne e altra fauna di cui forse, un giorno, parlerò. Mi ci trovavo bene con lei: era così paziente che, dopo due sole uscite, mi ha fatto ghosting. Alla fine sono riuscita a trasferirmi a Parigi per ricominciare a vivere, ma è arrivato il covid e il mondo si è fermato. Che tempismo!
Penso spesso a cosa ho lasciato a Bologna e a quanto ero fortunata ad avere una comunità così variegata e inclusiva. Non sottovalutate mai la fortuna di avere uno spazio accogliente, in cui poter essere chi siete, e delle persone che potete anche mandare a fare in culo con insulti che capiscono. Un giorno potreste sentir nostalgia anche dei vostri nemici.
Perseguitaci