È andata in scena ieri nel teatro di Atelier Sì, per Gender Bender 2016, la prima nazionale di A Room For All Our Tomorrows del duo di coreografi e danzatori Igor and Moreno (Igor Urzelai di orgini basche e il sardo Moreno Solinas). Una performance mozzafiato che indaga con precisione millimetrica la relazione interpersonale ed estende i canoni che delimitano il concetto tradizionale di “danza”. A Room For All Our Tomorrows sarà replicato questa sera, 29 ottobre, sempre presso Atelier Sì, alle ore 21.
Due sgabelli, un tavolo di legno chiaro, una macchina del caffè, un contenitore trasparente stracolmo di capsule, due tazzine di vetro posate ordinatamente su due piattini di vetro. La scena non è vuota. Non è lo spazio astratto in cui i danzatori trasfigurano il buio e le luci nella formulazione del gesto coreografico. Igor & Moreno ci accolgono in uno spazio che loro stessi definiscono “reale” e che si manifesta come zona di una possibile quotidianità: una cucina o un tinello, essenziale come quelli della maggior parte delle nostre case, una “stanza per tutti i nostri domani”.
Ed è proprio questo luogo possibile, vero terzo “incomodo” protagonista dell’azione, che li vede irrompere in scena gridando per prodursi in un catalogo di passi coreografici che pare voler riassumere l’intera gamma comportamentale dell’umano con un taglio spiccatamente ironico e autoironico. Gridano, Igor e Moreno, mentre volteggiano, saltano, corrono, si accasciano, si rialzano, ballano e le loro voci assordanti sottolineano con punteggiatura raffinata ciò che facciamo nella vita di tutti i giorni, comprese figure di arti marziali, orgasmi e defecazioni.
“Il grido è un tabù” – dichiarano al termine dello spettacolo nell’incontro col pubblico condotto dal critico Fabio Acca – “spesso non lo possiamo esternare perché disturbiamo, è qualcosa che tratteniamo dentro”, ed è proprio in questa manifestazione di ciò che “non si può fare” che si può trovare una prima chiave di lettura del loro lavoro. “Quando prendiamo un caffè al tavolo di un locale, ad esempio, la conversazione è in apparenza tranquilla ma spesso c’è tanto altro, che non viene detto, pensiamo tante cose che magari non diciamo” – spiegano. Il trattenuto, il non detto, il carico emotivo che per convenzione sociale viene solitamente relegato a uno spazio mentale e diventa negazione della comunicazione, qui invece si fa protagonista assoluto e viene declinato e distillato in ogni possibile forma. Perché non è un grido inconsulto quello dei due performer, è un grido intenzionalmente offerto allo spettatore nella più ampia gamma delle sfumature emotive.
Disturbante forse, catartico, liberatorio? Il grido qui si distilla, erompe e poi subisce variazioni minime in un calando sonoro premeditato che è suspense pura dal primo all’ultimo minuto. E insieme alle grida, che lentamente si raffinano, quasi a uscire dall’informe, e divengono versi animali, rantoli, mormorii, aneliti, poi armoniche e canto, melodia, musica, poi ancora pura vibrazione emanata dalla congiunzione dei due corpi in un lungo bacio, c’è il ritmo di un dialogo, di un rapporto scandito in ripetizioni di gesti moltiplicate e reiterate. Sembra concepito da un occhio fotografico il lavoro di Igor & Moreno: azione / scatto / zoom / azione / zoom / scatto / azione / zoom / zoom / azione / azione, all’infinito, e la preparazione di un caffè diventa il pretesto per scomporre il linguaggio del corpo in unità minime e tratteggia una semiotica del tentativo più che della riuscita. Perché è esattamente a tentativi di rapporto che assistiamo dal primo all’ultimo minuto dello spettacolo, tentativi reiterati fino al momento conclusivo. Nella scena ormai i due corpi hanno compromesso ogni possibile ordine, è un ribaltamento inesorabile delle premesse: il caffè gocciola incontrollato al suolo producendo un ticchettio più assordante di ogni possibile urlo, il tavolo è divenuto altro da sé, gli sgabelli giacciono immoti e una luce calda e soffusa penetra dall’esterno. I nostri domani sono vicini: altri caffè, altre conversazioni formali, altre relazioni, altri non detti. Le nostre grida torneranno trattenute, finché Igor e Moreno non daranno loro nuovamente voce.
A Room For All Our Tomorrows sarà replicato sabato 29 ottobre alle ore 21, presso Atelier Sì (via San Vitale, 69 – Bologna). Ingresso 10 €; ridotti: 7 € (GB Card, Socio COOP), 5 € (studenti UNIBO con badge).
Per saperne di più
Trailer di A Room For All Our Tomorrows
Il programma di danza di Gender Bender
Il programma completo di Gender Bender 2016
Il sito ufficiale di Gender Bender
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