LE LELLE (NON TROPPO) IMMAGINARIE DELLE APP DI DATING. E DEI GRUPPI FACEBOOK
di Irene Moretti
Avvertenza: nessuna lesbica è stata maltrattata per la realizzazione di questo articolo
È Natale, tutto tace, tranne il vostro cellulare. Non è il nonno o la Befana, è una notifica di Wapa. Non importa quanto sarai lontana dalla civiltà e non importa che sia Natale o Capodanno: le lesbiche fantastiche di Wapa sapranno sempre come e dove trovarti.
E non importa nemmeno che l’ultimo aggiornamento abbia tolto la metà del divertimento svelando le ultime due impronte di chi ti ha spizzato il profilo. Sulle app di dating, si sa, chi non stalkerizza gode solo a metà e proprio per questo le tracce che adesso possono essere lasciate su Wapa non scoraggeranno proprio nessuna. Anzi, molte applicheranno quella folle e tutta lella idea che manifestare insistentemente – ma soprattutto passivamente – il proprio interesse possa costituire un valido sostituto del corteggiamento. Così è, se vi pare (e se c’avete culo, in realtà), ma ricordatevi delle tavole della legge: la sesta spizzata consecutiva del profilo senza nemmeno dire “ciao” diventa inquietante anche se sei lesbica.
Non solo Wapa, grazie ai finanziamenti che l’Università della Falla ha potuto stanziare per proseguire il nostro studio (non ditelo a nessuno, ma trattandosi di lesbiche, lo sponsor segreto è una nota ditta di traslochi), il team di ricerca è giunto a una conclusione. Le app per dating lesbiche, come i gruppi Facebook a tema, sono una fedele riproduzione delle serate del Pussy Galore -o forse sono le serate del Pussy Galore a rispecchiare fedelmente le cerchie lesbiche: 90% stereotipo (di cui 80% “se ci provo mi arrestano” e 10% col camicione a scacchi da boscaiolo grunge), 2% vecchie, 4% uomini (etero o gay), 2% ultra femme, 1% travestite. Se non vi riconoscete in una di queste statistiche, tranquille: you’re the 1% che pensa di essere quella normale, ma in realtà non lo è.
Nonostante i disperati tentativi di alcune lesbiche fantastiche di essere incluse in questa ricerca, dopo lo straordinario successo del Manuale di Zoologia fantastica lesbica, vol. I, che hanno quasi mandato all’aria la copertura della nostra ricercatrice sul campo – che sì, per la cronaca è ancora single -, nonostante chi “La Falla è solo per i poster”, ce l’abbiamo fatta.
Dunque, quali sono le nuove categorie di lesbiche fantastiche che La Falla ha scovato per voi dopo altri sei mesi di studio?
Andiamole a vedere.
Le situazioniste
Io lavoro e faccio un selfie. Faccio un aperitivo e faccio un selfie. Faccio la cacca e faccio un selfie. Non importa quello che facciano, devono fartelo sapere. Non importa nemmeno se le conosci. O se te ne freghi qualcosa. Pur di ottenere un like o una interazione, posteranno, diverse volte al giorno, foto non richieste mentre fanno cose. O dei loro animali che fanno cose. O dei loro amici che fanno cose. O dei loro panorami che, essendo panorami, non fanno niente. Se fossero un politico sarebbero Salvini, con i suoi selfie e i suoi tortellini al ragù: sboroni, invadenti e dovrebbero essere illegali. Ma anche kivvesencula, proprio come a Salvini. Se fossero un alimento sarebbero il prezzemolo: ovunque e sopravvalutato. Piaghe soprattutto dei gruppi Feisbuc.
Le passere solitarie
Sottocategoria delle “Giacomo Leoparde” (cfr. Vol.I), il loro cuore è stato messo in naftalina, dicono. Troppe delusioni, dicono. Meglio la solitudine, dicono. L’amore non fa più per loro, ma scrivono lunghi post e status dove si domandano se al mondo esista una donna capace di amarle. Bohemienne da social network, animi inquieti di Wapa, mendicanti di amore e attenzioni. Un’adolescenza lunga una vita. Io speriamo che resto single.
Le permalose
Completamente prive di qualsiasi senso dell’umorismo, ti augurano morte e malattie rare se non cadi ai loro piedi o se rispondi qualcosa che non le aggrada. Di solito con un vocabolario da fare invidia al vostro nipotino di seconda elementare, si divertono a pensare nuove e originalissime maledizioni tipo “andare a giocare a mosca cieca in autostrada”. Spessissimo sottocategorie de “Le Ragazzine” del vol.I.
Maschili vs femminili
“Donna per donna”. “Amo le donne visibilmente lesbiche”. “Maschile per femminile.” “Mi piacciono le donne ma voglio una donna che mi possegga come un uomo mentre faccio la stella marina”. “Sei un maschio senza pisello”. “Sei troppo femminile per essere lesbica”. La guerra tra lesbiche maschili e lesbiche femminili è più antica della guerra tra Sparta e Atene e nel corso dei secoli continua a smuovere le coscienze di molte. Vogliamo svelarvi un segreto: ogni donna può essere Bambi o può essere Arvaro er Monnezzaro e può essere entrambe allo stesso tempo. Meno paranoie. Vestitevi come volete e fate l’amore con chi e come vi pare. Però sì, le camicie di flanella a quadrettoni da boscaiolo e le maglie Fiorucci anche basta.
In due è amore, in tre è una festa, in quattro è il Parlamento
Stefano Rosso, in “Una storia disonesta”, si lamentava che casa sua sembrasse quasi il Parlamento: “erano in quindici, ma mi parevan cento”. Ora, cento magari saranno troppe, le dieci ragazze di Battisti pure, però se tre sono poche, anche quattro sono troppe (cfr. professor emerito Tiziano Ferro). Se non avevate considerato il triangolo, che ne pensate del quadrato? E sì, è successo davvero.
Questo matrimonio s’ha da fare
Niente, ci sono anche degli omosessuali che ti contattano su Wapa per proporti dei matrimoni di copertura vantaggiosi per una o per entrambi. Solitamente per loro. Dove sei, Don Rodrigo, quando le tue Lucia hanno bisogno di te?
La lapalissiane (o le Catalano)
Un’amica che lavora a Discovery Channel mi ha rivelato che molto presto faranno una puntata speciale di Malattie Imbarazzanti, per affrontare il problema di chi, nonostante usi il nome di battesimo – e a volte anche il cognome – come nick, senta il bisogno di ripetere più volte: “Piacere, Cunegonda”. Pensavo ti chiamassi Genoveffa, guarda tante volte il caso. L’ovvietà, però, non è l’unica caratteristica pregnante di questa categoria di lesbica fantastica. La banalità, infatti, è dietro l’angolo. “È molto meglio essere allegri che tristi”, diceva Massimo Catalano a “Quelli della notte”; “È meglio innamorarsi di una donna bella, intelligente e ricca anziché di un mostro, cretina e senza una lira”. Grazie al cazzo, aggiungiamo noi. “Odio le persone false”, dicono. Grazie Catalane delle app di incontri, a noi invece garbano di molto. “È meglio ridere per una battuta che non si capisce che ridere per una che non si capisce”, del resto. Ancora una volta: grazie al cazzo.
Una vita in vacanza
A proposito di Catalano, ecco un’altra massima: “È meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze”. Agosto, moglie mia non ti conosco. Gennaio, se non ti stalkerizzo è un bel guaio. Trenta giorni ha novembre, con aprile giugno e settembre; di ventotto ce n’è uno, ma io sto in vacanza fino al 31. A giudicare dai loro profili, infatti, queste lesbiche fantastiche non fanno niente tutto l’anno e sono sempre in vacanza. Spiagge caraibiche, piste da sci, giri in elicottero, Formentera, Porto Ercole, Gallipoli, apericene, ostriche, un attico a Testaccio e cani di razza. Quando poi le convinci a prendere una birra, sperando di aver trovato la tua sugar mommy e campare di rendita tutta la vita, ti tocca anche pagar loro da bere perché si sono scordate il portafoglio a casa. Esibizioniste.
Le giocatrici di “Se fossi” (o della sindrome di Studio Aperto)
Se tu fossi una merendina, cosa saresti? E se fossi una costellazione? Se fossi un pasto? Scommetto che non ci avevate mai pensato. Tranquille, da qualche parte su Wapa c’è una donna che ha in serbo queste domande per voi. Tu bevi molta acqua in estate? Sei lesbica? E se fossi… S’i’ fosse Irene, come sono e fui/ Torrei le donne giovani e leggiadre/ E vecchie e laide lassarei altrui.
Le insistenti
Categoria insidiosa. Pericolosa. Snervante. Spessissimo species del genus più ampio delle “Un giorno sarò qualcuno” (cfr. Vol.I). Ciao [22.02]; Ciao [22.15]; Ciao [22.23]. Ciao còre, vi dico io alle 23.05. Ma le “ciao” sono nulla in confronto a quelle che, bloccate dopo averle sgamate con tre profili diversi, continuano a scriverti facendo le vaghe. No means no, anche su Wapa, e comunque siete prevedibili. Get a life, but not mine.
Non ho l’età
Hanno paletti d’età rigidissimi anche solo per parlare e non tollerano neanche un giorno di differenza. L’incubo delle cuspidi e di chi è nato il 29 febbraio. Ti chiedono l’annata come la chiederebbero di un Sassicaia o di un whisky pregiato. L’elasticità non è tra le loro virtù, a maggior ragione quella anagrafica. Non infierisco oltre perché sul mio profilo c’è la frase “Se non vi ricordate lo spot Egoiste di Chanel è probabile che siate troppo giovani per me”. Autocritica.
I won’t show you mine if you show me yours
Tramonti, gatti, cani, moto, calici di vino: se non ci mettete la faccia non vi rispondono. Sacrosanto, se solo ricambiassero la cortesia. Predicare bene per razzolare male.
Nessuna lesbica è stata maltrattata o sfruttata per la realizzazione di questa ricerca. Tranne la sottoscritta che non solo è ancora single, ma probabilmente pur di scrivere il volume III, ci resterà a vita. Anche se, nuova città, nuova vita e nuovo nickname: rimanete sintonizzate su La Falla per le prossime mirabolanti avventure della baronessa di Wapachausen.
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