TRATTO LIBERAMENTE DALL’AFFAIRE TPER
Dopo tanto lavoro da parte di associazioni, cooperative e istituzioni, finalmente il Comune di Bologna e Tper garantiranno 900 abbonamenti gratuiti a persone senza dimora. Una notizia stupenda, che in un anno segnato da un immobilismo forzato e doloroso ha davvero portato un po’ d’aria fresca, soprattutto tra le fila di coloro che da anni lavorano con chi la frustrazione e l’umiliazione di certe sanzioni le vive quotidianamente.
A pochi minuti dall’uscita della notizia sulla pagina Facebook del Comune si sono però susseguiti commenti dubbiosi, critici e a tratti rancorosi nei confronti di questa misura. Commenti che mostrano sì, molta rabbia e molto fastidio, ma allo stesso tempo tanta perplessità e (questo lo vogliamo un po’ sperare) voglia di saperne di più.
A scorrere quei commenti si delinea molto chiaramente un’immagine della persona senza dimora che forse si riteneva sorpassata da* addett* ai lavori e invece appare più viva che mai.
E allora, per cominciare a ragionare sul tema, proviamo a sfatare 7 falsi miti sulle persone senza dimora.
1. Le persone senza fissa (?) dimora sono irrintracciabili, non ricevono mica le multe.
Ecco, partiamo da qui: chi sono le persone senza dimora e perché spesso si sente ancora utilizzare l’aggettivo “fissa”?
Dunque, se con il termine “senzatetto” si andava a delineare la mancanza di un riparo, con l’espressione “senza fissa dimora” si mette l’accento sulla condizione di stabilità della persona stessa: entrambi i termini, però, pongono l’attenzione su un disagio contraddistinto principalmente dal bisogno materiale, senza coinvolgere il resto delle dimensioni della persona e le restanti problematicità.
Dicendo «senza dimora», al contrario, si va a evidenziare il disagio di una persona che ha perso in modo significativo un insieme di relazioni (sociali e territoriali) tali da condurla in una condizione di bisogno estremo. L’espressione “senza fissa dimora” è presente nella legislazione italiana in relazione alla questione anagrafica, ma è chiaro che il disagio sociale non si risolve nella mancanza di una residenza.
A ogni modo, le persone senza dimora sono spesso ospiti, anche a lungo termine, di centri di accoglienza, o ancor meglio si ritrovano in strutture di semi autonomia o in progetti co-housing o gruppi appartamento; sono spesso seguite da servizi sociali, associazioni, educatori o educatrici. E sì, a volte può essere difficile per loro ricevere la posta, ma non la multa sul bus. Quella arriva, umiliante come tante cose della vita di strada, e rimane lì; chi è nullatenente, con l’aiuto di Avvocato di Strada, può riuscire a congelarla (ovvero a non farla aumentare come sarebbe previsto in caso di mancato pagamento), ma resta lì. Resta lì in attesa che la persona riesca a riprendersi dal periodo di difficoltà, trovando finalmente una stabilità e un lavoro… per poi rischiare di perdere nuovamente tutto, per delle vecchie multe.
2. Le persone senza dimora non fanno nulla.
Giustamente nel momento in cui viene proposto uno strumento per permettere a una categoria di persone di spostarsi, la prima domanda che viene da porsi è: ma per andare dove?
Sì, perché poco importa che una persona in difficoltà possa comunque avere una rete sociale da incontrare, visite mediche da effettuare o incontri educativi ai quali presentarsi; e no, pare non interessare nemmeno il fatto che quasi tutte le strutture pubbliche che ospitano la maggioranza delle persone senza dimora siano spesso posizionate ai margini della città, in zone con quasi nulla attorno e poco collegate. No. Se non lavori, che ti sposti a fare?
Ebbene, le persone senza dimora lavorano. Lavorano, svolgono tirocini, fanno attività di volontariato con piccoli compensi simbolici. Chi più, chi meno; chi a fasi alterne, chi con molta disciplina e regolarità. E sì, la problematica sociale non si esaurisce dando loro un lavoro (e, piccolo spoiler, nemmeno dando loro una casa), perché c’è tutto un altro insieme di aspetti della persona che possono inficiare comunque la tenuta del progetto: possono esserci dipendenze attive o problematiche psicologiche dovute ad anni di vita di strada. I lavori e i tirocini vengono abbandonati, persi, ripresi, richiesti a gran voce. Le persone senza dimora lavorano, si curano, hanno riunioni e incontri, vanno nei propri luoghi di culto, incontrano parenti e amici, fanno corsi e vanno a scuola. Insomma, si spostano, come tutt*, per lavorare ma non solo.
3. Le persone senza dimora rubano.
No, ovviamente non tutte le persone senza dimora rubano. In compenso, molte persone miliardarie evadono le tasse, sfruttano dipendenti, posseggono numerose case enormi eternamente vuote, comprano yacht non dichiarandoli al fisco.
Ma tornando a chi è più facile condannare, perché pensiamo che delle persone in difficoltà socio-economica debbano per forza rubare? Non sarà mica che al posto loro lo faremmo senza troppe remore?
4. Le persona senza dimora sono sporche.
Questa immagine della persona senza dimora sporca è molto cinematografica, lo riconosco. Forse addirittura rassicurante: poter riconoscere una categoria da tratti così chiari e semplici come l’aspetto, i vestiti e la pulizia deve tranquillizzare molto quando dobbiamo proteggerci, come si diceva al punto precedente, da un possibile furto. Eppure, dolente di dover infrangere questa certezza, non tutte le persone senza dimora sono sporche. Non potete distinguerle in mezzo alla folla, mi spiace davvero. Hanno accesso a doccia e vestiti di ricambio, rasoio e schiuma da barba. Non so come dirlo, quella persona che incontrate sul bus tutte le mattine e che un po’ vi fa ringraziare la pandemia per la mascherina obbligatoria, potrebbe essere semplicemente una persona con una scarsissima igiene o con un gran problema di sudorazione.
E parlando di pandemia, sapete qual è una delle categorie che più di tutte è stata controllata e ricontrollata durante l’emergenza Covid? Le persone senza dimora. Una che conosco, con i vari passaggi tra dormitori e centri d’accoglienza, al momento è a quota 47 tamponi. Voi quanti ne avete fatti?
5. Le persone senza dimora sono tutte straniere.
Quasi la metà delle persone senza dimora in Italia sono italiane. Un buon 15% sono donne e la stragrande maggioranza sono sotto i 54 anni. Più dati alla mano e meno propaganda salviniana, suvvia!
6. Le persone senza dimora stanno in strada e dormono sull’autobus.
Oh, dunque, in realtà è indubbiamente corretto, alcune persone senza dimora stanno in strada, e sì, alcune cercano riparo sul bus. Non tutte, nella maggioranza dei casi sono accolte in strutture, specie nei mesi più freddi durante i quali la città di Bologna si attrezza con spazi ulteriori per garantire più posti letto. Ma alcune sì. Detto ciò, questa è la problematica. Le persone non dovrebbero trovarsi a dormire sul bus; nessuno dovrebbe percepire come unico posto sicuro il 14 notturno. Siamo d’accordo con voi, facciamo qualcosa! Partiamo anche dalle piccole cose, diamo degli strumenti utili alle persone in difficoltà per poter attivarsi, muoversi, cercare un supporto sociale, risolvere problematiche sanitarie e legali, magari trovare un lavoro.
Per esempio, ci sarebbe quella proposta relativa l’abbonamento dell’autobus…
7. Il problema delle persone senza dimora si risolve dando loro una casa.
Sfortunatamente il problema delle persone senza dimora non si risolve dando loro una casa. Come si diceva nel punto precedente, possono esserci aspetti legali, sanitari, psicologici che impediscono alla persona di risolvere tutto ricevendo magicamente le chiavi di un appartamento. Quegli aspetti, se non indagati e risolti, di lì a poco faranno perdere nuovamente e inesorabilmente la casa tanto desiderata. Il modello assistenzialista che riaffiora in molti dei punti precedenti e in generale nei commenti al post del Comune è stato sostituito dal lavoro sull’empowerment della persona, che prevede una presa di coscienza e una responsabilizzazione della stessa nella costruzione di un progetto sociale che possa accompagnarla fuori dalla condizione di disagio.
Il tema, come avrete intuito, è ampio e complesso. Ci sono molte sfaccettature nel lavoro che i servizi sociali, le associazioni e le cooperative fanno in supporto alle persone senza dimora.
Per vostra fortuna, Piazza Grande sta regalando per l’occasione e fino al 29 aprile, 900 abbonamenti del proprio giornale!
Per conoscere le vite delle persone senza dimora, le loro storie e i servizi che se ne prendono cura, perché non partire proprio dal giornale che ne parla mensilmente ormai da più di 25 anni?
Immagine nel testo da bologna.it, fiopsd.org, dire.it, bolognatoday.it.
Perseguitaci