La scomparsa di Luki Massa è qualcosa di troppo grande perché io riesca a trovare le parole giuste per parlarne. Non ne sono capace. L’unica cosa che sono capace di fare è afferrare un piccolo pezzetto dell’immensità di Luki, e scriverne. Questa poesia è il mio umile, fragile, tentativo di parlare di lei.
A Luki,
selvaggia e saggia
Hai finito il tuo lavoro, amica mia.
Tu dicevi: le donne.
Le donne.
E così nascevano donne nuove da te.
Ora sono spore nel vento e transitano
di terra in terra tra i terrazzi
i davanzali, nei giardini, nei campi
e ancora ne nasceranno di trifogli,
denti di leone, viperine e gramigne
erbe verdi che gli uomini strappano, bruciano
mentre noi ci raduniamo tra i fiori, tra i rampicanti
e siamo foglie, aghi, petali
che danno acqua, danno terra
danno aria e luce e fuoco
nasciamo dappertutto, come nei tuoi vasi
dove lasciavi vivere ogni piccola radice
germoglio di acetosella, ambrosia
e ortica e stellaria che ti passava tra le mani
che crescevi con gli occhi, con il solo sguardo
con il fruscìo della tua voce.
Resteremo infestanti e libere
come ci hai lasciate, amica mia
resteremo vive.
Perseguitaci