Proseguono le recensioni in anteprima dei film del festival Some Prefer Cake. questo sarà proiettato sabato 22/9 alle 18
Un mix spumeggiante di informazioni scientifiche sulla precaria salute dell’acqua, attivismo ecosessuale, arte, spiritualità new age, intima storia familiare. Water makes us wet, il documentario scritto, diretto e interpretato da Annie Sprinkle e Beth Stephens, riesce a lasciare una sensazione di allegria e di speranza nella spettatrice, nonostante l’oggettiva cupezza della situazione in cui versa il nostro pianeta.
Angosciate dalla siccità che nel 2016 affliggeva la California già da anni, decidono di indagare a fondo cosa stia succedendo alla preziosa e indispensabile acqua. Partono quindi da San Francisco, la loro città, per un viaggio che le porterà in tutto lo stato, affrontando la questione acqua da tutti i punti di vista. Visitano impianti di trattamento e di depurazione delle acque, arrivano a sorgenti di montagna, attraversano deserti, incontrano artiste che lavorano con una prospettiva mistica su questo elemento. A questo aspetto più pubblico e politico si accompagna, con molta delicatezza, il racconto del rapporto con l’acqua della famiglia di Annie.
Nata nel 1954, Annie Sprinkle è un nome noto a chi si occupa di femminismo sex positive: educatrice sessuale e molto altro, ha alle spalle una lunga carriera da sex worker e attrice porno, industria che ha rivoluzionato dall’interno. Oltre a produrre e dirigere diversi film, infatti, ha sempre lottato per i diritti di lavoratrici e lavoratori del sesso.
Beth Stephens, sua moglie, classe 1960, è un’artista e una docente universitaria. Collaborano dai primi anni 2000, con progetti artistici e performance.
Sono pioniere dell’ecosessualità, che è al contempo una scheggia del movimento ambientalista e un tipo di identità sessuale. Annie e Beth, infatti, stanno cercando di spostare l’asse concettuale da “madre terra” a “terra amante”. L’identità ecosessuale non è certo escludente, e chiunque può definirsi tale, oltre che LGBTQIA+ o eterosessuale. Non si tratta tanto di fare frottage col suolo o con un ramo, per quanto tutto sia legittimo ed esplorabile, quanto di imparare ad ascoltare la sensualità della natura e di tutti i suoi elementi: per esempio il rumore dell’acqua, la possibilità di immergercisi, i giochi di luce che crea, tanto per rimanere aderenti al tema acquatico.
La voce narrante di questo documentario è la terra stessa, che parlando di Beth e Annie afferma: “I loro metodi di ricerca includono l’ascoltare i miei rivoli fluenti”. Siamo composti al 70% di acqua, benché il nostro attuale ministro del Lavoro non ne sia troppo convinto, ed è quindi inevitabile che l’acqua informi anche la nostra attività sessuale. Come scandisce un gruppo di giovani attiviste nel film, infatti: “Acqua, pipì, sborra, sudore: l’acqua ci rende davvero bagnate!” La forza di quest’opera sta proprio nello svelare le mescolanze inscindibili tra pubblico, privato, attivismo, sessualità, inscritte nella vita umana sulla terra, alla luce di una prospettiva ecologista.
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