Ci sono dolori che per anni, prima di trovare posto nella letteratura scientifica o anche solo legittimazione tra le cartelle cliniche, rimangono inascoltati e di conseguenza sguarniti di una terapia adeguata. Dolori che abitano i nostri corpi, si fanno sentire, ma senza trovare visibilità e interpretazione. Spesso è difficile trovare una diagnosi e questo fa sentire inermi, come se il dolore fosse tutta un’invenzione e frutto della nostra mente. Invece c’è, esiste e plasma le nostre vite e i nostri rapporti più intimi. È quello che è successo fino ad oggi nel caso della vulvodinia e della neuropatia del nervo pudendo.
La vulvodinia è una sindrome multi-fattoriale fortemente invalidante che colpisce le persone con vulva e si presenta con bruciore e dolore cronico spesso invalidante e ingestibile. La parola è composta da “vulva”, parte esterna della vagina, e dal suffisso “dinia”, che indica dolore: un dolore vulvare persistente e cronico. Per chi ne soffre bastano dei pantaloni stretti, una pedalata in bicicletta, del semplice petting o uno sfregamento incauto per scatenare un dolore lancinante. In questi casi persino un orgasmo può trasformarsi in dolore. Secondo un articolo recentemente pubblicato su Nature, ne soffre una persona su sette.
Per diagnosticarla il procedimento è molto semplice: basta eseguire uno swab test, o test del cotton-fioc. Si tocca la vulva con la punta di un cotton-fioc: lo stimolo in condizioni fisiologiche non è doloroso, ma viene percepito come un bruciore, una puntura o la lama di un coltello. Spesso si accompagna ad una contrattura molto forte della muscolatura liscia del pavimento pelvico che, anziché rimanere rilassata, si trasforma in marmo. Si innesca così una sorta di reazione a catena: la contrattura rende la penetrazione dolorosa, porta alla formazione di lacerazioni della mucosa vaginale e facilita il passaggio di batteri con conseguenti cistiti e infezioni. L’ipotesi più accreditata della sua causa è un’eccessiva risposta immunitaria a livello della mucosa vaginale, la quale porta ad una proliferazione delle fibre nervose, con conseguente aumento della percezione dolorosa.
La neuropatia del pudendo è molto simile alla vulvodinia, è una patologia molto dolorosa a carico del nervo pudendo il quale svolge un ruolo di primaria importanza per la corretta funzionalità dell’area pelvica e nella percezione del dolore in questo distretto corporeo. Innerva i genitali esterni, il perineo e la regione anale. Il dolore è causato da uno stato di infiammazione del nervo stesso, della quale non si conoscono le cause. Molte persone che soffrono di vulvodinia o neuropatia del pudendo arrancano per anni per trovare una terapia che dia loro sollievo. Il rischio è che abusino senza controllo di antidolorifici e antinfiammatori che non necessitano di prescrizione medica, o che ricorrano a rimedi fai da te spendendo ingenti somme di denaro sia per l’acquisto che per consultare specialistə che non riescono a fornire una risposta.
Solo nel 2020, la vulvodinia è stata riconosciuta quale malattia dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità. Il 7 aprile 2021 è stata depositata alla Camera dei Deputati la prima proposta di legge per riconoscerla come malattia invalidante, allo scopo del riconoscimento della patologia da parte del SSN, con relativa esenzione dai ticket. Il 12 novembre dello stesso anno si è tenuto a Roma il convegno dal titolo Vulvodinia e neuropatia del pudendo: un dolore senza voce. Durante l’incontro, svoltosi con il patrocinio della Camera dei Deputati, è stata presentata una seconda proposta di legge che prevede il riconoscimento della vulvodinia e della neuropatia del pudendo come malattie croniche e invalidanti nei Livelli Essenziali di Assistenza e l’accesso agevolato alla didattica a distanza, al telelavoro e allo smart working per pazienti che soffrono di queste patologie.
Nel febbraio 2022 la Regione Lazio ha approvato una mozione che la impegna nel valutare l’inserimento delle due sindromi nei LEA (livelli essenziali di assistenza) regionali, oltre ad assicurare una corretta formazione medica al personale sanitario. Il 3 maggio 2022 il testo della proposta di legge per il loro nei LEA del Sistema Sanitario Nazionale è stata presentata alla Camera e al Senato.
Nonostante tutti questi passi in avanti e nonostante ormai si sappia che si tratti di vere e proprie patologie con il 10-15% di incidenza, attualmente, come cura farmacologica, vengono prescritti farmaci sotto stretto controllo terapeutico, ad uso off label con un costo terapia piuttosto elevato. Usare un farmaco off label vuol dire farne uso in situazioni cliniche non approvate da un punto di vista regolatorio: si tratta in pratica di utilizzare un principio attivo per uno scopo diverso rispetto a quello per cui è sempre stato utilizzato. Da questo si evince che non esiste una terapia o una cura vera propria, ma delle strategie per attenuare il dolore in quanto sintomo. Per ora l’approccio di cura alla vulvodinia e alla neuropatia del pudendo rimane multimodale: uso di farmaci miorilassanti – cioè che aiutano a ridurre il tono muscolare, senza compromettere l’attività nervosa – e antidolorifici. Fondamentali rimangono una corretta igiene intima, ginnastica per rinforzare il pavimento pelvico – che è un muscolo anche se spesso ce lo dimentichiamo – un’alimentazione che favorisca un corretto transito intestinale ed evitare alterazioni eccessive del pH vaginale.
Attualmente i centri per le malattie vulvari dove lavorano specialistə in vulvodinia si contano sulle dita di una mano e sono concentrati nel Nord Italia: sia nel pubblico sia nel privato le liste d’attesa sono lunghissime. Secondo uno studio europeo del 2019 condotto dal ginecologo francese Éric Bautrant, una percentuale di specialistǝ che va dal 45 al 60% non sa fare una diagnosi di vulvodinia, mentre il 20% la conosce ma non saprebbe trattarla. La strada da fare è ancora molta, ma almeno ora questo dolore ha dei nomi e delle diagnosi che non lo lasciano più relegato nell’ombra e nel sommerso dell’insondabile. Aiutiamoci a non lasciare solə nessunə, nemmeno davanti a questo.
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