della Redazione

Alle ore 02:02 Omar Mateen entra nelle nostre vite e ci spara addosso. Un fucile semiautomatico Sig Sauer MCX e una pistola semiautomatica Glock 17 ci massacrano, con furore e precisione, perché siamo lesbiche, transessuali, bisessuali, gay o eterosessuali nel “posto sbagliato”. Siamo a Orlando e qui il nostro sangue si può barattare con un’arma: il secondo emendamento val bene una strage.

Noi ci siamo fermati qui, al Pulse, e mentre costruiamo questo numero de La Falla continuiamo a ballare: scriviamo della leggerezza della nostra estate, delle scopate che continueremo a fare, delle lotte che, ancora una volta, ci vedranno in prima linea a prendere quei proiettili che da noi hanno altre sembianze. Ma siamo al Pulse e mentre scriviamo le mani sono fradice di sangue, del nostro sangue. Così si tingono di rosso i caratteri e sono vermiglie le frivolezze: noi continuiamo a vivere, in una resistenza quotidiana fatta di inesauste rivendicazioni, ma ci hanno appena sparato addosso.

Balliamo e a ogni passo raccogliamo i nostri cadaveri perché continuino a danzare insieme a noi. È una danza rumorosa, rispettosa e soprattutto lunga: scegliamo il pathos della distanza, scegliamo di posticipare analisi e commenti ai prossimi numeri. Tuttavia, non possiamo non stringerci in un lutto globale, un lutto che per noi è prossimità che ci attanaglia le viscere in una carnalità viva e presente: siamo il Cassero e il Cassero è il Pulse. Ci listiamo di nero, assumendo consapevolmente la convenzione cromatica del nostro Occidente; nel farlo ci rendiamo però autonomi dalla superbia in cui siamo plasmati, ci liberiamo da quell’etnocentrismo che brucia l’alterità, che non è in grado di restituire la complessità di fenomeni drammatici e importanti come quello che ci ha visti protagonisti. Indossiamo il lutto ma in quel nero esplodono tutti insieme i colori del nostro orgoglio, quell’orgia cangiante che si rifrange in noi ogni giorno. La nostra bandiera rainbow non sarà per le 49 di Orlando un mesto sudario di rassegnazione, ma le avvolgerà tutte con la forza di un amore devastante, gridato con un urlo capace di travolgere gli oceani.

A noi spetta il compito di lavorare sui nostri timbri, dobbiamo allenare le corde vocali, irrobustire la muscolatura addominale a sostegno del diaframma: ci è stata consegnata la voce delle vittime di Orlando e a ognuno spetta la responsabilità di gridarla alta, tonda e piena. Non sarà, la nostra, mera ventriloquia del silenzio; noi urleremo tutte le parole di quest’eredità pesante, anche quelle che non potranno più essere pronunciate.

Ma urleremo, furiose, anche quel silenzio che ci è piovuto addosso, quello di chi tace la ferita infertaci, quel silenzio che tenta di sottrarci dignità anche nella morte.

Noi siamo al Pulse a inventarci suoni per insegnarli a un mondo muto. Noi siamo al Pulse e urleremo anche questo silenzio.

pubblicato sul numero 17 della Falla – luglio/agosto/settembre 2016