Solo nel mese scorso, abbiamo assistito a due esempi di un fenomeno ormai abituale per Bologna: il decisionismo verticale di un potere che travolge, ingloba e snatura.
Di pochi giorni fa il post sulla pagina Facebook di Pratello R’Esiste nel quale le organizzatrici raccontano di come il Comune abbia comunicato loro che, quest’anno, Piazza San Francesco sarà teatro di un non meglio precisato «evento di “alto profilo culturale” con lo scopo di avere una gestione della piazza che eviti il degrado degli altri anni». La decisione è presa, inappellabile e, in virtù di questa, vengono chiesti a Pratello R’Esiste – che organizza il 25 aprile in città da 15 anni – cambiamenti logistici e la chiusura delle attività alle 15:00. Richieste, ovviamente, rispedite al mittente.
Altro esempio di questa propensione politica allo svuotamento è quello del Mercato Sonato, centro culturale del quartiere San Donato, il cui stabile è stato affidato dallo stesso Comune all’Associazione Senzaspine nel 2015. In questi otto anni l’edificio dell’ex mercato rionale è stato trasformato in un luogo di musica, danza e cultura civica, chi lo ha attraversato e riqualificato ha saputo stringere un’alleanza virtuosa con la cittadinanza del quartiere per farne un luogo di incontro, scambio interculturale e formazione. Il lavoro incessante dell’Orchestra Senzaspine e dei suoi partner ha saputo coniugare un’esperienza dal respiro internazionale a una reale politica di prossimità cittadina, ridisegnando la geografia sociale dello stesso quartiere. Tuttavia, il Mercato Sonato non esisterà più e chi oggi lo abita dovrà migrare altrove, non si sa ancora se nello stesso quartiere o in un’area che nulla ha a che fare con l’esperienza vissuta fino a ora: la struttura, non conforme agli odierni standard di sicurezza, verrà rasa al suolo e al suo posto si costruirà un più contemporaneo spazio polifunzionale. Si cancella, così, sia la storia socio-architettonica dell’ex mercato sia il presidio civico e culturale realizzato dalle associazioni che lo hanno abitato in questi anni. Il sindaco rassicura in prima persona sul fatto che manterrà gli impegni presi con le 8500 tesserate Senzaspine, ovvero trovare prima di luglio, mese in cui dovrebbero cominciare i lavori del cantiere, una sede per tutte le attività del Mercato Sonato, almeno fino al 2026, anno in cui si stima termini l’intervento di riqualificazione urbana. Durante la conferenza stampa di presentazione del nuovo polo culturale è stato anche energicamente sottolineato come lo spazio rinnovato verrà assegnato tramite bando, coerentemente con le leggi vigenti, e questo significa sogni agitati per i Senzaspine perché, ormai lo sappiamo bene, le procedure di assegnazione pubblica sono come i conclavi: chi entra Papa di solito esce cardinale.
Le rassicurazioni non bastano più, la storia degli ultimi 15 anni della città parla chiaro: Bologna mal sopporta ogni realtà autogestita e cancella tutto ciò che non coincide perfettamente col concetto che le varie amministrazioni hanno di “coprogettazione”. Basti pensare alle sorelle di Atlantide, con l’avviso di sfratto affisso alla porta nell’esatto istante in cui una loro delegazione era a colloquio in Comune, proprio per negoziare una nuova sede. Ne sanno qualcosa le compagne di Làbas e OZ; vale la pena ricordare anche lo sgombero di ex-Telecom, ora hotel di lusso per studenti ricchi. La stessa sorte è toccata a XM24, con la plastica esibizione delle ruspe cavalcate dall’allora sindaco Merola; ricordo diverse persone presenti quel giorno per dimostrare la loro rabbia e il loro disappunto, alcune di loro oggi siedono nei Consigli di quartiere, nel Consiglio comunale o sono assessore della giunta Lepore. Silenti. Passato e presente ci dicono che siamo di fronte a un’amministrazione dell’ingerenza più che a una politica dell’ascolto attivo. Un fenomeno storico e culturale, le cui radici vanno rintracciate negli ultimi anni Settanta del Novecento, momento in cui Bologna ha cambiato il proprio concetto di gestione condivisa della cosa pubblica, come suggerisce Mauro Boarelli nel prezioso articolo Partecipazione senza potere. Bologna e l’illusione di contare, scritto per DinamoPress. Cosa possiamo fare, noi, oggi? Noi attiviste ma anche noi associazioni, reti formali o informali, che con il Comune abbiamo rapporti intensi, relazioni strette, convenzioni, patti di collaborazione. Qual è il confine tra le libertà delle nostre iniziative e il ricatto di un potere che ha la possibilità di cancellarci? Salvatore Papa invoca «un’unica voce che unisca operatori culturali e lavoratori» contro questa precarietà sistemica del tessuto sociale cittadino. Mi permetto di allargare questa alleanza a tutte le identità associative e non di Bologna, a chiunque eroghi servizi in sussidiarietà, a chi fa della cura delle comunità un proprio nucleo identitario. Per fronteggiare il potere irresistibile del drago che divora se stesso serve una sorellanza profonda, tra noi deboli e belle.
Immagine di copertina da Bologna Today
Perseguitaci