Nella sua lunga vita Morris ha viaggiato e scritto moltissimo: dal Galles dove è nata il 2 ottobre 1926, ha persino accompagnato la prima spedizione che è salita in cima all’Everest nel 1953, come unica giornalista (quando usava ancora il suo nome maschile). Ha poi coperto anche la crisi di Suez, il processo al criminale nazista Eichmann ed era a Mosca durante la guerra fredda.
Degli oltre 40 libri che le hanno portato premi e onorificenze, i più noti sono una trilogia sulla storia dell’impero britannico e i ritratti di città come Hong Kong, New York, Venezia e Trieste. Ma soprattutto c’è l’autobiografia Enigma (in inglese Conundrum, del 1974, il primo libro firmato come Jan) in cui racconta la sua transizione, iniziata dieci anni prima, fino all’intervento di riassegnazione di genere in Marocco. All’epoca erano davvero poche le persone famose a intraprendere questo percorso e ancor meno quelle disposte a parlarne pubblicamente. Anche allora aveva accanto l’amata Elizabeth, che aveva sposato nel 1959 e con cui ha avuto cinque figliə; sono rimaste insieme fino alla morte di Jan avvenuta nel novembre 2020.
Oggi alcune frasi suonano un po’ datate, come la narrazione dell’essere «nata in un corpo sbagliato», ma la sua rimane una testimonianza importante. Per lei il genere è «anima, forse, è talento, è gusto, è ambiente, è come ci si sente, è luce e ombra, è musica interiore, è camminare con brio o uno scambio di sguardi, è davvero vita e amore più di qualsiasi combinazione di genitali, ovaie e ormoni».
Illustrazione di Riccardo Pittioni
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