Nel corso della mia ricerca di romanzi Young Adult britannici a tema LGBTQ+ mi sono imbattuto molto presto in Alice Oseman, nota scrittrice e graphic novelist in questo campo. Oseman è particolarmente famosa per il celebre web comic Heartstopper, pubblicato poi come graphic novel in quattro volumi tra il 2019 e il 2021, il cui quinto e ultimo uscirà il 9 novembre 2023 nel Regno Unito. In particolare, tutta l’opera di Oseman presenta un quadro avanzato e positivo della qualità di rappresentazione dell’adolescenza queer nella letteratura Young Adult a tema LGBTQ+. Mentre l’autrice realizzava e pubblicava i primi volumi di Heartstopper, in parallelo portava ugualmente a compimento il suo ultimo romanzo testuale: Loveless (2020). Il romanzo è stato selezionato come vincitore all’edizione 2021 del YA Book Prize, l’annuale premiazione organizzata dalla rivista inglese The Bookseller in collaborazione con l’Edinburgh International Book Festival. I motivi per cui questo romanzo ha suscitato il mio interesse sono almeno due. Innanzitutto, perché tratta di argomenti di per sé ancora poco conosciuti a livello di cultura generale in Italia: l’asessualità e l’aromanticismo, orientamenti – rispettivamente sessuale e romantico – che fanno parte della comunità LGBTQ+. A questo proposito, il libro ha attirato la mia attenzione poiché rientra nella categoria dei romanzi #OwnVoices, ovvero quei romanzi scritti da autrici facenti parte di una categoria sociale emarginata e che contengono protagoniste che condividono con l’autrice lo stesso tratto identitario marginalizzato. L’hashtag fu inventato nel 2015 dalla scrittrice olandese Corinne Duyvis, autrice di romanzi Young Adult, e nel corso degli anni successivi il fenomeno ha avuto successo nel mercato editoriale, dando tuttavia anche luogo a situazioni problematiche e facendo luce su scomode verità. Loveless si inserisce quindi a pieno titolo nelle file dei romanzi #OwnVoices poiché la protagonista, Georgia Warr, è un personaggio aro-ace così come lo è nella realtà l’autrice Alice Oseman, come condiviso da lei stessa in un’intervista rilasciata alla scrittrice inglese Laura Steven. Da qui si evince bene la notevole fatica costata alla scrittrice nella stesura di questo romanzo, ma anche l’impegno derivato da un argomento per lei così importante e personale, che ha cercato di sviscerare attraverso la costruzione di un coming-out journey, come lo definisce, che fa intraprendere alla sua protagonista Georgia. Cresciuta in una società intrisa di contenuti stereotipati riguardo l’importanza vitale di avere una storia d’amore con un’altra persona come obiettivo per raggiungere la felicità, Georgia, rispetto alle sue coetanee allosessuali, deve combattere su un triplice fronte: l’ossessione di trovare una partner con cui vivere la storia d’amore perfetta, lo straniamento e la confusione provocati dalla mancanza di attrazioni sia sessuale che romantica (considerate convenzionalmente normali e scontate) verso qualsiasi persona e l’assenza di una narrazione a livello generale sull’asessualità e l’aromanticismo. Loveless è un romanzo di formazione che parla dell’importanza di scoprire e far parte di una comunità sia a livello nucleare del proprio gruppo di amici che generale della Pride Soc, il club universitario degli studenti queer della città inglese di Durham, comunità in cui riconoscersi e trovare – e magari anche accettare – la propria identità. È difatti proprio in una delle conversazioni con Sunil, presidente omoromantico asessuale del Pride Soc, che Georgia impara il linguaggio necessario a descriversi (asessuale, aromantica, oppure aro-ace). Ciò stimola e rafforza la sua capacità di ascoltare le proprie emozioni, credere nei suoi campanelli d’allarme e avere, infine, fiducia in se stessa.
Il secondo motivo per cui ho trovato particolarmente attraente il romanzo di Oseman risiede nell’assenza di un corrispettivo italiano trattante lo stesso tema in questo genere letterario. Non solo: Loveless è il primo romanzo Young Adult a tema aro-ace mai tradotto in italiano.
Qui mi pongo la seguente domanda, entrando nel merito dell’argomento di quest’articolo: la traduzione italiana di Loveless può ritenersi adeguata? La traduttrice Martina Del Romano è riuscita o meno a mantenere nella versione italiana i numerosi aspetti queer del libro? L’argomento non è affatto scontato poiché esiste recente letteratura scientifica a riguardo che, incrociando le categorie d’analisi dei Queer Studies e dei Translation Studies, osserva proprio questo aspetto. In particolare, questi studi denunciano una problematica ricorrente nella traduzione di opere queer di epoca sia moderna che contemporanea: l’omissione o lo stravolgimento degli elementi queer originali (personaggi, azioni, significati, simboli, ecc.) nella traduzione verso la lingua (e la cultura) di ricezione. Come è lecito supporre, neanche la letteratura Young Adult LGBTQ+ è esente da questo pericolo. Secondo B.J. Woodstein (precedentemente Epstein), professoressa associata di letteratura presso la UEA (University of East Anglia), le letterature per adolescenti e per l’infanzia serbano l’intento specifico di aiutare il giovane e giovanissimo pubblico a comprendere meglio se stesso e il mondo; è facile quindi immaginare il livello del problema quando nel Paese d’arrivo il contenuto delle opere viene modificato per essere reso conforme non solo alla cultura ma anche alla morale localmente vigente in materia di minori. In Italia esiste almeno uno studio in questo campo condotto da Dalila Forni, dottoressa in letteratura per l’infanzia, sull’albo illustrato statunitense And Tango Makes Three di Peter Parnell e Justin Richardson, i cui risultati in merito alla traduzione dall’inglese all’italiano confermano le preoccupazioni di Woodstein, per non parlare dell’inquietante quadro sociale italiano di ricezione del libro. Basti dire che la relazione d’amore tra la coppia di pinguini maschi adulti raccontata nell’albo dei due autori statunitensi nella versione italiana viene stravolta in una fraterna amicizia. Tutto ciò mi fa inevitabilmente riflettere sulla liceità della scelta che chi traduce compie nell’eliminare gli elementi queer nel corso della traduzione di qualsiasi tipo di testo.
A tal proposito, Woodstein ricorda che gli studi postcoloniali hanno messo in rilievo come in certi casi la traduzione di alcune opere da una cultura a un’altra rispecchi precise scelte e dinamiche di potere di chi traduce verso chi viene tradottǝ. Lottare contro questa pratica vessatoria e intellettualmente disonesta può aiutare a restituire il legittimo controllo sulla corretta trasmissione del significato del libro ai gruppi detentori della versione originale, con tutta probabilità deboli e minoritari. Per cercare di controbilanciare questo fenomeno nel caso particolare della traduzione delle opere queer, Woodstein mette a punto due strumenti critici di analisi: l’acqueering e l’eradicalization. Con acqueering la ricercatrice intende la possibilità, per chi traduce, di aumentare la componente queer di un testo in traduzione attraverso, per esempio, la rimozione di contenuti omobilesbotransfobici o l’aggiunta di note in cui si spinge chi legge a riflettere su di essi, la trasformazione di personaggi e contenuti cisgender/etero in altrettanti queer e l’aggiunta di materiale testuale e paratestuale informativo sulle realtà, comunità e linguaggi queer. D’altro canto, con eradicalization s’intende l’atto di rimuovere in traduzione i contenuti e i personaggi queer, sradicando così la queerness dell’opera originale.Per tornare al caso preso in esame, possiamo assicurare che il mio giudizio sulla traduzione in italiano di Loveless è positivo. La traduttrice Martina Del Romano ha dimostrato, infatti, profonda premura nel riportare in italiano una traduzione adeguata del romanzo inglese, curando la traslazione dei suoi numerosissimi contenuti queer e avendo scrupolo di non ometterne o sminuirne nessuno, motivo per cui posso affermare di non aver rinvenuto nessun particolare caso di eradicalization. Anzi, è possibile affermare che Del Romano abbia applicato in un momento la acqueering, aggiungendo alla fine del libro alcuni link internet collegati a siti italiani di linguaggio e comunità aro-ace, oltre a quelli inglesi già presenti nella versione originale. Alla luce di ciò, accanto agli strumenti messi a punto da Woodstein, vorrei qui proporne un altro: il queerkeeping, ispirandomi a questa traduzione di Del Romano, poiché mi sembra importante essere altresì capaci di saper riconoscere quando un’opera queer è stata tradotta adeguatamente. Posso dunque dire che il criterio di queerkeeping in questo caso è soddisfatto poiché la traduttrice «keeps the queer», mantiene cioè intatta la natura queer dell’opera originale nella traduzione dall’inglese all’italiano. Questo è ciò che dovrebbero fare tutte le persone che lavorano nel mondo della traduzione quando si trovano di fronte ad un testo queer da tradurre, che siano loro stesse queer o meno.
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