Magió, dall’unione dei nomi del nonno Marco Giovanni, nasce a Catania nell’86; qui studia grafica all’Accademia per poi specializzarsi a Milano. Da nove anni si è trasferito in Germania, spinto dal bisogno di ricominciare, prima nella piccola Brema nel Nord e poi a Berlino, dove si è riscoperto nella sua identità come artista queer. Inizialmente collegista di fotografie porno, ha preso uno sketchbook in mano e ha trovato la sua strada nel ritrarre uomini nudi. Di recente è stato a Los Angeles dove ha presentato due mostre e ha conosciuto modelli e attori hard per delle illustrazioni dal vivo con l’idea di farne una raccolta; questo progetto si affianca a quello di un alfabeto di pornostar del mondo gay al quale lavora da un po’.
L’input della redazione è stato di rappresentare la mascolinità femme; ci si poteva aspettare personaggi androgini, e invece ci hai piacevolmente sorpresə con barbe e peli.
Quando ho iniziato a disegnare i ragazzi super butch che seguivo su Instagram mi sono accorto che li ritraevo sempre più spesso in posizioni da pin-up e con colori pastello: senza rendermene conto stavo eliminando dalle mie illustrazioni la mascolinità tossica. Sono cresciuto in un posto in cui non si poteva parlare dell’essere gay, e anche nella comunità gay catanese c’era una rigida divisione tra chi era «masculo», cioè mascolino, o «fimmina», effemminato, detto in maniera dispregiativa: ora, noi siciliani siamo tendenzialmente bruni e pelosi e il modello di twink glabro, biondo e magrolino non ha mai rispecchiato la mia parte femminile. Quindi ho voluto rappresentare allo stesso modo le parole «mascolinità» e «femme», perché si può benissimo essere entrambe e questo vale non solo per le persone non binarie come me, ma in generale per chiunque voglia per sé la possibilità di un’espressione di genere diversa.
Anche in questo poster carino e gioioso emerge una componente erotica, penso al jockstrap della figura sulla destra. Da cosa viene questa volontà di partire dal porno?
Credo di essere partito da lì nel mio percorso artistico perché da bravo ex cattolico avevo interiorizzato molto il senso di colpa e lo slut shaming e questo mi impediva di accettare la mia sessualità in maniera aperta e fluidità; ho riscoperto questa parte di me proprio grazie alle mie illustrazioni. Molta arte queer ha un lato profondamente sessuale e nei miei lavori cerco di bilanciare sexy ed erotico: mi è stato detto in passato che la mia arte è la figlia illegittima di Hello Kitty e Tom of Finland – io l’ho accetto con molto piacere. In realtà anche Tom of Finland al suo tempo ha contribuito a creare degli immaginari iper-mascolini in un contesto in cui l’immagine stereotipica del mondo gay era tendenzialmente femme; in generale, il mio obiettivo è quello di espandere il linguaggio della queer art proponendo più possibilità di rappresentazione.
Parlando del lato femme, da frocia noto subito i riferimenti a Sailor Moon. Quanto è importante questo portato pop per te e per le tue illustrazioni?
È un aspetto che si sta inserendo nel mio lavoro in maniera spontanea e penso faccia parte del mio percorso personale. Sono un ragazzo degli anni ‘80/’90 che ha dovuto tenere chiusa nel cassetto la passione per quegli anime iconici della mia generazione. Ora stanno avendo un revival e posso finalmente esprimermi come quella teenager che avrei voluto essere, con accessori carini e vestiti colorati di quella stessa palette pastello di lillino, azzurro e rosa che uso sempre nelle mie opere.
Anche i pattini mi sembrano decisamente associati alla tua personalità.
Sì, da quando ero bambino ho sempre praticato diversi tipi di pattinaggio: roller, in linea, su ghiaccio. Ora sono per me uno strumento di riscoperta della mia femminilità, del poter andare in giro sui miei roller skate con una gonna, ballando e divertendomi come mi ero sempre negato di fare. Li ho portati con me di recente a Los Angeles e ho potuto finalmente vivere a Santa Monica la mia California girl fantasy. Di fatto è stata mia madre a suggerirmi di inserire i pattini mentre abbozzavo questa illustrazione e ho risposto subito: yas, that actually would work!
Perseguitaci