di Leonardo Arpino
Questo mese il didietro della Falla è stato illustrato dalla matita di Gerardo Califano. Fumettista con una spiccata attitudine al fantastico, Gerardo ha una predilezione per figure maschili energiche, dai tratti talvolta bestiali o demoniaci. Quali premesse migliori per un idillio alla corsara, feat. bucanieri e creature degli abissi?
Com’è nata l’idea per questo poster? Quali immagini ti hanno ispirato?
Ho cercato di legare sensualmente un pirata a una creatura che rappresentasse il suo stesso mondo, il mare.
Applicando un filtro queer all’immaginario piratesco hai tirato fuori una rappresentazione che gioca con (e tradisce) diverse aspettative tipiche del genere: da quella relativa all’eterosessualità obbligatoria, alla simbologia (penso al tuo Jolly Roger), includendo nel tuo quadro anche un essere non umano. È un’operazione senz’altro congeniale alla tua estetica. Su quali elementi ti sei concentrato?
Penso che il/la pirata sia la figura queer dei mari per eccellenza. Senza regole e senza stereotipi di genere. Porta liberamente anelli e gioielli vistosi, la matita sugli occhi (come anche la recente tradizione cinematografica sottolinea), i capelli lunghi, si veste esattamente come vuole. E lo smalto, naturalmente: quello gliel’ho messo perché non poteva mancare.
Riguardo al Jolly Roger, l’ho virato in versione queer per dargli un tocco in più, e devo dire che mi piace parecchio!
A proposito di cinema: nel decennio scorso un popolare franchising cinematografico ha reso celebre la figura del pirata dagli occhi bistrati, dal look un po’ androgino, diretta filiazione dell’estetica rock e glam degli anni ’60 e ’70 che sovvertì le norme di rappresentazione della mascolinità allora vigenti. Al di là della veridicità storica di una figura del genere, qual è oggi la forza di un modello così di rottura?
Dei pirati abbiamo un’idea molto romanzata e non voglio rompere questa magia. Piuttosto dovremmo conservarne i tratti migliori e cioè la libertà illimitata, ma limitata allo stesso tempo dal rispetto di un codice d’onore. Nel nostro caso, fuori dal romanzo, direi che il codice d’onore sia rappresentato dall’essere liberi rispettando sé stessi e le altre persone. Troppe volte all’interno della comunità LGBT+ si tende a replicare gli schemi subiti nel sistema patriarcale senza imparare davvero ad ascoltarsi, ad ascoltare e a sentire gli altri. E per sentire non intendo la parte uditiva.
Il famoso ritornello dell’ Isola del tesoro di Robert Louis Stevenson parla di «quindici uomini» e «una bottiglia di rum». Nella tua personale isola del tesoro quante persone (e che bottiglia) porteresti?
È l’inizio di un racconto omoerotico? Scherzi a parte, me la immagino come la vacanza che non faccio da troppo tempo. Come rum porterei una bottiglia di Sailor Jerry (giuro, esiste. Ahimè con la “J” ma tanto quando lo pronunci non si sente la differenza).
In merito alle persone, porterei con me gli amici (il numero è ovviamente esiguo, mi interessa la qualità), sperando che non mi finiscano l’alcol!
Il resto mi auguro di trovarlo lì.
pubblicato sul numero 43 della Falla, marzo 2019
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