Frad, l’artista del poster di questo mese, ha mosso i suoi primi passi nel 2016, quando, finita la scuola di illustrazione Comics a Roma, ha deciso di mettere su un progetto che parlasse di lesbismo in modo autobiografico. Nel tempo le sue vignette hanno accolto anche tematiche come il transfemminismo, le relazioni e l’affettività.
Ha pubblicato Non facciamone un Lesbodramma per Asterisco Edizioni e Creature maleducate. Manualetto su sesso, sentimenti e mostruosità per Edizioni Minoritarie.
Da febbraio porta in giro per l’Italia lo spettacolo di stand-up comedy Vedi Caro, con Claudia del Fomento Vernier.
Partiamo dall’inizio della tua carriera: sei famosa per aver portato alla ribalta il termine “lesbodramma”. Che definizione ne daresti tu?
“Lesbodramma” è uno stereotipo lesbico da sempre, non direi sicuramente di averlo passato io, ma quando l’ho cercato online per approfondirlo di più, spuntavo io nella maggior parte dei campi della ricerca. Comunque se mi chiedono spesso cos’è, forse è perché ne so qualcosa.
Secondo me è uno stereotipo del mondo lesbico molto interessante, perché, sebbene derivi da un pregiudizio di genere (la donna come quella più emotiva, fragile…), oggi noi lesbiche ce ne siamo riappropriate ironicamente. I drammi ce li hanno tuttx e hanno ovviamente forme diverse a seconda delle persone all’interno della relazione, anche se il lesbodramma ha delle caratteristiche diverse e tutte sue che derivano dal modo in cui le lesbiche creano le relazioni. Spesso infatti le coppie etero sono molto coppiacentriche: tutto si esaurisce all’interno della relazione tra due e al massimo c’è una persona esterna, mentre quelle lesbiche sono di solito più fluide, meno centrate sulla coppia, a volte escono fuori anche dalla mononormatività, e quindi anche i drammi hanno forme diverse. Certo, anche nel mondo gay la non monogamia è stata sempre molto presente, quindi ce la possiamo rivendicare come comunità. Tutto il modello ciseteropatriarcale l’abbiamo sempre messo in discussione come comunità, però la messa in discussione del mondo lesbico è molto affettiva e politica.
Parlando del poster di questo mese, mi ha ricordato tanto il lavoro che hai già fatto per Edizioni Minoritarie, perché c’è una figura umana, un uomo cis probabilmente, e un cane/cagna con cui si rapporta. Come mai hai scelto un animale?
Ho scelto di raffigurare la cagna perché è un termine di cui c’è stata una riappropriazione femminista: nato come insulto, è un animale che rivendica il suo essere ribelle a una norma prestabilita. Le creature maleducate invece le avevo scelte perché non fossero catalogabili nell’orientamento, genere, sessualità… in questo caso invece c’è un animale perché volevo rappresentare proprio una soggettività transfemminista (di solito una persona socializzata donna) alla quale viene attribuito al termine cagna.
C’è una differenza tra i temi che tratti nei tuoi fumetti e quelli di cui parli nella stand-up?
Sì, devo dire che dalla stand up non riesco a raccontare le stesse cose, anche perché quando ho inizato con i fumetti non avevo lo stesso grado di consapevolezza politica che ho adesso, non mi definivo pienamente femminista (o meglio sì, ma non sapevo bene cosa volesse dire), quindi pensavo più a giocare con gli stereotipi, le relazioni, cercando sempre di dare una coerenza al mio stile. Nel frattempo però sono cresciuta a livello di consapevolezza politica e identitaria, e ho trovato nella stand-up un modo per fare satira parlando di privilegio maschile, di lesbismo in maniera politica, di femminismo intersezionale in chiave molto ironica. La grande differenza è che mentre non faccio mai attacchi espliciti nei miei fumetti, lo spettacolo ha delle sfumature anche di satira.
Che risposta ha avuto lo spettacolo? È mai arrivato un uomo etero-cis a lamentarsi?
Lo spettacolo ha avuto risposte simili a Roma, Bologna, Torino, Napoli dove la gente viene perché vuole stare all’interno di un luogo designato alla comunità. In queste città è stato molto compreso, in altre, come le province, è stato diverso perché il pubblico era meno reattivo. Forse la provincia ha ancora delle difficoltà nella vera e propria creazione di spazi in cui confrontarsi e, dal momento che il mio spettacolo è molto esplicito e gli ambienti a volte sono misti, forse deriva un po’ da questo. Tendenzialmente la risposta è positiva, anche dagli uomini, anche se li attacco tutto il tempo, ma ci si riconoscono.
Mi è successa una cosa però a Milano, dove il pubblico era abbastanza preso bene e partecipe. Subito dopo aver finito lo spettacolo, si è avvicinato un ragazzo che mi ha detto di essere rimasto un po’ ferito dalle battute in quanto lui discriminato continuamente come maschio cishet, anche da un collettivo universitario di cui faceva parte. Per me non è un problema il confronto, ma mi ha fatto riflettere molto come lui si lamentasse della discriminazione subita, ma fosse venuto a spettacolo appena finito, senza avermi dato un momento di decompressione. Ha fatto una cosa che una soggettività discriminata non farebbe mai: cioè prendersi spazio senza chiedere niente e questa cosa la può fare solo chi è abituato ad avere sempre privilegio, parola e tutto. E poi mi ha tenuto veramente tanto.
Che consiglio daresti a giovani persone queer che iniziano a fare politica in campo artistico?
Raccontare la propria identità e confrontarsi al massimo, parlare con molte persone. Non so, a me piace un attivismo che si contrappone un po’, più punk, meno accademico, che metta in discussione anche il mondo statunitense, dal quale prendiamo troppo spesso i termini. Ad esempio la pagina facebook TGPLV (Teoria Gender Per La Vita) fa un attivismo molto punk, scorretto, che parla molto di soggettività trans* in maniera quasi disturbante, perché le persone che stanno dietro alla pagina incarnano quella soggettività. Non mi piacciono molto i profili che parlano di tutto, è meglio partire dalla propria soggettività e al massimo collaborare, confrontarsi con altre persone, mettendo in discussione anche quello che viene dal mondo occidentale, colonialista e mettere tutto in dubbio, buttandola in caciara. Non dobbiamo far capire troppe cose, dobbiamo far casino, ribaltarlo questo sistema!
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