Tutto quello che avreste voluto sapere ma che non avete mai osato chiedere

di Pier Paolo Scarsella

Omo-patriarcato. Negli ultimi mesi, sul levare di questo neologismo, si è vista combattere una non fredda guerra che ha coinvolto a colpi di omotransfobia, transmisoginia e ideologie totalitariste la comunità LGBT+ e non. Tra libere interpretazioni, rivendicazioni epistemologiche e un’etimologia oscura sia di suo che ai più, l’unica certezza era la sensazione di sentire in lontananza La marcia imperiale di Darth Vader (primo LP traccia quattro, lato B) ogni volta che ne veniva fatta menzione. Per cercare di comporre i tasselli di un puzzle che rischia di essere davvero molto ostico è bene risalire al suo primo utilizzo.

È il 3 Marzo scorso, quando sul sito Libreria delle Donne di Milano viene pubblicato un articolo di Luisa Muraro dal titolo Una di meno. Come racconta la scrittrice, durante un incontro in vista dello sciopero globale “in difesa dell’umanità femminile dalle violenze maschili” (lo sciopero, in realtà, si poneva contro tutte le forme di violenza di genere e del genere) si è ritrovata a riflettere sul termine etero-patriarcato. Da lì, dopo un’esclamativa illuminazione, la rivelazione dell’esistenza di un omopatriarcato, “fondamento simbolico del patriarcato”. Il prefisso “omo”, come spiega la stessa Muraro in una lettera a Letizia Paolozzi comparsa su Donne ed altri, non starebbe a indicare “[…] l’omosessualità vissuta da una minoranza di uomini e di donne, ma quella sostanziale che lega gli uomini tra loro nell’amore del potere”.

Ci si potrebbe fermare qui, si eviterebbe di scoperchiare il vaso di Pandora e la conseguente fuoriuscita di tutti i mali o, più semplicemente, di accorgersi dell’enorme elefante nella stanza. Si potrebbe continuare a pensare che sia un’etimologia sbadatamente confusa e che il patriarcato implichi già in sé una discriminazione di tutte le soggettività femminili in campo, con conseguente inutilità del qui dibattuto termine. È però vero che di una parola, soprattutto se appena nata, è importante inquadrarne il valore d’uso, ovvero l’utilizzo che se ne fa.

Suona strano notare, leggendo la già citata riflessione Una di meno, che l’utilizzo del termine “omo-patriarcato”, in risposta a un etero-patriarcato (dove il prefisso “etero” sottolinea un chiaro riferimento all’orientamento sessuale), si riveli per la prima volta in un articolo che condanna in maniera ironica fino allo scherno, (tra una parentesi e l’altra) il riconoscimento della genitorialità di due gemelli nati tramite gestazione per altri (Gpa) da parte di una coppia gay.

Meno strani invece sono l’avversione e le opinioni discriminatorie che gruppi estremisti di femministe, dalle terf (femministe radicali trans escludenti) alle swerf (femministe radicali sex workers escludenti), hanno riversato in questi mesi soprattutto sui social, utilizzando questo termine nei confronti di alcune soggettività della comunità LGBT+, nella loro crociata contro la Gpa. Dalla notizia della male pregnancy (gravidanza maschile) del papà trans che ha infiammato la nostra estate con commenti transfobici come “La violenza del marketing transgender è una montatura à la Wu Ming, finanziata dall’omopatriarcato” alla tesi che vede i gay come “non adatti a crescere un figlio” perché due uomini vanno entrambi a lavorare e non possono badare alla prole, si ha quasi l’impressione di non vivere nell’odierno 2017 quanto in un ventennio fascista qualunque.

Viene da porsi alcune domande: non è forse patriarcale quella logica che vede la maternità come sacro lasciapassare per una donna di sentirsi tale? Non è forse patriarcale pensare che l’unica figura capace di badare adeguatamente o di crescere un figlio o una figlia sia esclusivamente “colei che lo mette al mondo”?

Si potrebbe continuare con un’infinità di altre domande per cercare di rispondere a ciò che è patriarcato e a cosa non lo è, prima di aprire un dibattito sul difficile tema della Gpa. Magari converrebbe ripartire dal principio e capire quale battaglia si sta combattendo, senza accusare il primo Benjamin Malaussène che passa per sostenere le proprie posizioni.

Per una fotografia di queste acque tumultuose si consiglia il sito femministescludenti.ga/, dove in questi mesi sono state raccolte tutte le esternazioni che animano la discussione sull’omopatriarcato.

Pubblicato sul numero 29 della Falla – Novembre 2017.