Un articolo del New York Times del 28 gennaio 1972 descrive uomini e donne ad Haiti vestiti di stracci che, in cambio di tre o quattro dollari, donano plasma nella sede di HemoCaribbean. Il plasma è la parte liquida gialla del sangue che contiene proteine fondamentali per la nostra sopravvivenza: i fattori della coagulazione. Ogni volta che c’è un sanguinamento si scatenano reazioni chimiche grazie a queste proteine che inducono la coagulazione. Se mancassero, come avviene in alcune rare malattie genetiche, la rimarginazione d’una ferita interna o esterna necessiterebbe di una quantità di tempo molto lungo e potrebbe risultare fatale, come nel caso del Principe Leopoldo di Inghilterra morto per un’emorragia cerebrale all’età di trent’anni.
Alla fine degli anni Sessanta si sviluppò un trattamento per l’emofilia basato su un principio molto semplice: introdurre fattori della coagulazione concentrati nel sangue delle persone geneticamente carenti di essi. A partire da un pool di plasma composto dal sangue di migliaia di donatori si riuscirono ad ottenere i primi crioprecipitati all’inizio degli anni Settanta, centrifugando il plasma e raccogliendo le proteine precipitate sul fondo. Trasfondendo pazienti emofiliaci in situazioni di pericolo con dei crioprecipitati si poteva accelerare la coagulazione. Tuttavia l’uso di questi concentrati significava anche iniettare in un’unica persona sostanze biologiche ottenute da migliaia di donatori (anche 25000). Joseph Gorinstein, un businessman di Miami, e Luckner Cambronne, uno degli uomini più vicini al dittatore Duvalier, erano consci della crescente domanda di plasma nel momento in cui fondarono HemoCaribbean.
L’articolo del New York Times calcola che nel 1972 Gorinstein e Cambronne ricevevano 700 diversi donatori ogni giorno nella loro sede ed esportavano seimila litri di plasma negli Stati Uniti ogni mese. Aperta dalle 6.30 di mattina alle 22, per risparmiare tempo e denaro, la sterilizzazione degli aghi utilizzati non era fatta frequentemente e uno stesso ago era utilizzato per molti donatori consecutivi. Nei due anni in cui fu aperta almeno seimila abitanti di Haiti avevano donato plasma a HemoCaribbean almeno una volta (ma più spesso mensilmente). Tra quegli abitanti impoveriti dalla crisi c’erano sicuramente anche operatori delle Nazioni Unite di ritorno dalle missioni umanitarie in Congo. Gli Haitiani erano considerati dalle Nazioni Unite più “integrabili” nella popolazione dell’Africa Occidentale poiché francofoni e neri, perciò almeno quattromila haitiani furono impiegati dell’ONU in Congo.
L’HIV saltato da uno scimpanzè all’uomo in un villaggio sperduto del Camerun, dall’uomo alla rete di prostituzione ad alto rischio del Congo degli anni Sessanta, saltò quindi agli operatori delle Nazioni Unite che, tornati in patria, introdussero il virus ad Haiti. Qui, invisibile e irrilevabile sugli aghi non sterili riutilizzati nelle cliniche di Hemocaribbean, si diffondeva sull’isola. Allo stesso tempo, galleggiando tra fattori della coagulazione in sacche di plasma, l’HIV si diffondeva in tutto il mondo.
pubblicato sul numero 25 della Falla – maggio 2017
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