L’amore per l’acqua, suoni e odori delle cascate, laghi e letti bagnati. Così si apre Female Ejaculation & Other Mysteries of the Universe, documentario transfemminista che inaugura la 13esima edizione di Some Prefer Cake, in cui Julia Ostertag esplora il mondo dell’eiaculazione femminile, mettendo in luce il valore politico che per molte assume la female fountain.
Ostertag, regista e montatrice tedesca, vicina per formazione al cinema underground di Birgit Hein, è fin dagli anni ’90 impegnata nel cinema sperimentale per esplorare da prospettive alternative il tema dell’identità, della musica e dei ruoli di genere.
Dal 2018 spazia dalla ricerca individuale a quella collettiva, in un dialogo a più lingue con altre sei ejaculators. Nel film, mette corpo e voce in prima persona in un viaggio autobiografico on the road, virtuale e d’archivio insieme.
Si passa da Annie Sprinkle, madrina del post porno, intervistata via Skype, alla filosofa femminista Shannon Bell che per prima ha usato il termine “eiaculazione” anche per le donne, e che oggi rivendica sul piano politico. Nel documentario la questione nominativa è solo una delle diverse tematiche affrontate dalle interlocutrici di Ostertag, ma è tra le più rilevanti. Usare lo stesso termine per indicare l’eiaculazione femminile e maschile fa luce su uno dei grandi rimossi negli studi sulla sessualità delle donne. Le parti interessate all’eiaculazione in uomini e donne sono in realtà omologhe, ma con diverse funzioni e una diversa configurazione. In una prospettiva transfemminista diventa importante affermare che l’eiaculazione è in realtà indipendente dal genere.
Anche le donne, infatti, hanno ghiandole simili alla prostata e possono eiaculare, con la differenza che l’eiaculazione femminile non ha altro scopo se non quello del piacere. Non essendo quindi associata alla funzione riproduttiva, al contrario dell’eiaculazione maschile, gli studi in merito l’hanno privata di ogni interesse di ordine scientifico.
Se gli anatomisti medievali chiamavano i genitali esterni femminili pudendum (dal latino pudere, e quindi “avere vergogna”), l’eiaculazione resta ancora oggi colpita dallo stigma della sua supposta anormalità o eccezionalità (essendo stata ridotta a fetish pornografico per soddisfare lo sguardo maschile). Lo stigma e la rimozione sono dispositivi che storicamente hanno reso più fragili le donne nel rapporto con il proprio corpo. La letteratura anatomica nella cultura patriarcale ha ignorato e poi metaforizzato il corpo femminile per renderlo, e citiamo la porno-terrorista Diana J. Ross, una prigione, una casa senza uscite secondarie.
Riscoprirne le potenzialità come fonte di piacere è una possibile uscita di sicurezza e risponde a un dovere spirituale di autodeterminazione di sé.
L’obiettivo, in una prospettiva sex-positive, non è reclutare un esercito di donne che eiaculino, come sottolinea ironicamente Valentina Aka Fluida Wolf, che Ostertag incontra a Roma, ma scoprire insieme che questa possibilità esiste. L’assenza di informazioni sulle componenti del corpo femminile non funzionali alla riproduzione (ed è noto il caso della clitoride) rende l’eiaculazione una questione eminentemente politica, perché è politico il modo in cui dalla mappa dei corpi sono state camuffate delle parti, confuse le coordinate, disancorati gli spazi per l’iscrizione nel corpo femminile della sola funzione (ri)produttiva.
Immagini da someprefercakefestival.com
Perseguitaci