La simbologia floreale associata alla comunità LGBTQ+ è rigogliosa come una serra in primavera: oltre alla lavanda (di cui abbiamo già parlato), anche altri fiori sono decisamente queer.
Iniziamo da Saffo che in un frammento parla di una fanciulla dal capo cinto di «molte corone di viole, / di rose e di crochi insieme», e da Alceo che descrive la stessa poeta di Lesbo come «coronata di viole». Parecchi secoli dopo, le viole hanno un ruolo chiave anche nell’opera teatrale La Prisonnière di Édouard Bourdet, censurata nel 1926 a Broadway per il suo tema lesbico.
C’è poi il garofano verde, che nell’Inghilterra vittoriana è usato dagli omosessuali per riconoscersi in modo discreto, ma dà anche il titolo al romanzo scandalistico che mette nei guai Oscar Wilde. Il libro esce nel 1894 in forma anonima ed è ritirato l’anno dopo, ma troppo tardi: il testo è usato nei processi contro lo scrittore irlandese, condannato a due anni di carcere e lavori forzati.
Un altro fiore da citare è la mammola, che negli anni Venti-Trenta in USA dà il nome alla pansy craze che indica sia un tipo di feste danzanti in drag, sia un filone di film con personaggi queer. Entrambe le mode subiscono forti censure, ma sono le antesignane di ciò che oggi si può esprimere più liberamente.
Illustrazione di Claudia Tarabella
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