È morto Kirk, evviva Kirk! In questo moderno Ancien Régime che stiamo vivendo, l’antica locuzione utilizzata nel momento di successione tra un monarca e l’altro potrebbe essere quanto mai appropriata. Il re dell’alt-right americana e dell’ideologia MAGA, Charlie Kirk, è stato assassinato, vittima di sé stesso e, in maniera ironicamente amara, rientrando in quelle stesse casistiche che lui riteneva accettabili per difendere il secondo emendamento (il diritto a detenere armi) e i diritti divini (God given). Se per la sua successione si è già scatenata una guerra di like, post, podcast e lotte intestine all’interno della galassia MAGA e non solo, le destre internazionali, con il corpo ancora caldo e speculando sull’identità del regicida, non hanno perso tempo a costruire una agiografia di Kirk che ha finito per dipingerlo come un martire della libertà di parola.

«Feccia democratica ha chiosato Trump» Le TERF nostrane, invece, hanno subito dato la colpa alle trans brutte e cattive; un “demone” per Simone Pillon. E poi giù di “ha stato il woke”, un radicalizzato di sinistra, un propal, un antifa: il tribunale internazionale di social e opinionistə di destra e rossobruni ha sentenziato: la colpa è della sinistra, nessuna possibilità d’appello, nessun avvocato del diavolo in questo processo di beatificazione.
A poco è valso, a seguito dell’arresto del regicida Tyler Robinson, scoprire che a sparare è stato uno di loro: un maschio bianco, eterosessuale, amante delle armi, mormone, suprematista e appartenente a quel nemmeno troppo microcosmo dei Groypers che include la blackpill, tutto spiegato bene in questo articolo del New York Times. La macchina della propaganda ormai si era messa in moto, andando a cercare persino una presunta amante trans per giustificare l’ingiustificabile.

È vero, qualcuno ha esultato per la morte di Kirk. Ma sebbene i suoi discorsi di odio abbiano inquinato i pozzi per anni non c’è mai da essere contentə quando un essere umano viene ucciso da un altro essere umano. Soprattutto quando poi si creano martiri che rischiano di portare il dibattito e la vita quotidiana in una spirale di odio e violenza che non siamo pronte ad affrontare. Comunque la si veda, la morte di Kirk è un fallimento.

LE REAZIONI AMERICANE E DEI LEADER INTERNAZIONALI

È stato lo stesso Donald Trump a dare il via a quello che si sta progressivamente trasformando in un maccartismo contemporaneo. Poco dopo l’omicidio, in una apparizione video, ha definito Kirk «Patriota e martire per la verità, ucciso dalla retorica della sinistra radicale».  Un concetto che il magnate ha poi rafforzato nei giorni successivi, auspicando una rapida pena di morte: «La sinistra è il partito dell’omicidio» e «Si è radicalizzato su internet, e si è radicalizzato a sinistra. È di sinistra. Molti problemi sono a sinistra, dove si sentono protetti». Da lì, è partita una vera e propria purga nei confronti di chi ha espresso contrarietà alle idee di Kirk, purga che non ha risparmiato il mondo della televisione (vedasi Jimmy Kimmel), dell’informazione e della società civile, arrivando addirittura a incoraggiare una sorta di delazione nei confronti degli oppositori e all’auspicio di trattare gli Antifa alla stregua dei terroristi.
Le destre internazionali non sono rimaste a guardare e prontamente hanno iniziato a cavalcare l’onda: Bibi Netanyahu ha commentato che «Le persone ai margini, gli islamisti radicali e gli ultra-progressisti, stanno usando la violenza per abbattere i loro nemici». Sulla stessa linea di pensiero il presidente argentino Milei, «Kirk: un martire, la sinistra è odio e risentimento», e il presidente ungherese Orban, «Kirk ucciso dalla sinistra radicale che semina odio». Notizia del 19 settembre l’esternazione del portavoce dell’University Baptist Church del Texas: «Kirk un martire di Dio, Donald usi il pugno duro». 

LE REAZIONI ITALIANE: I RICHIAMI AGLI ANNI DI PIOMBO, LA MEMORIA CORTA E LA DOPPIA MORALE

«A buon intenditor, poche parole. Oggi è un giorno meno buio». Sono bastate queste parole, in un post dei movimenti studenteschi di Osa e Cambiare rotta, per eclissare la condanna unanime dei e delle leader della sinistra e dell’opposizione all’omicidio di Kirk: Schlein, Conte, Renzi, Fratoianni. Non c’è leader del campo largo che non abbia manifestato sconcerto per l’accaduto. Ma le destre hanno deciso di raccontare un’altra storia, una storia di una sinistra complice, esultante per l’uccisione di un avversario, nemica della libertà di pensiero e di espressione. E la gente ci sta credendo.
Subito si è scatenata una retorica vittimistica e allarmistica che ha voluto tirare fuori uno dei momenti più bui della nostra storia, gli anni di Piombo, ma stando ben attenti a citare solo la parte che fa comodo: le Brigate Rosse. «Abbiamo vissuto anni bruttissimi in Italia quando i ragazzi morivano solo perché avevano delle idee da portare avanti», ha chiosato Arianna Meloni.

Ma a gettare benzina sul fuoco è stato il ministro Luca Ciriani, che ha parlato apertamente di “Clima da Brigate Rosse”, fuoco ulteriormente alimentato dalla premier: «Questi sono i sedicenti antifascisti. Questo è il clima, ormai, anche in Italia. Nessuno dirà nulla, e allora lo faccio io. Non ci facciamo intimidire».
Durissime anche le parole di Giovanni Donzelli (FdI): «La sinistra ha un problema serio con l’odio e la violenza. (…) di fronte a questa tragedia, c’è chi ironizza, giustifica, deride. È un abisso morale che mostra il volto più feroce dell’odio ideologico. Di fronte a tanta barbarie, non possiamo rimanere in silenzio. È tempo che partiti, associazioni e personalità del mondo progressista compiano un vero esame di coscienza. Avete superato ogni limite della decenza».
Immancabile, ovviamente, anche il commento del segretario della Lega, Salvini: «Quello che mi ha colpito sul barbaro omicidio di Charlie Kirk è quello che è successo dopo. Le reazioni senza vergogna, senza dignità di professori, di pseudo intellettuali, giornalisti e insegnanti, che hanno riso e che sostengono che se la sia cercata. Aveva delle idee e per qualcuno anche in Italia meritava di morire».
Per Laura Corrotti, consigliera Fratelli d’Italia della Regione Lazio, è stato ucciso dalla “Furia woke”, a cui fa eco Antonio Brandi,  presidente di Pro Vita & Famiglia secondo cui la responsabilità politica dell’omicidio è da attribuire alla sinistra «Che alimenta da anni odio e menzogne contro i movimenti pro-life e conservatori».

Da parte della maggioranza di governo il messaggio è chiaro: la sinistra sta alimentando un clima d’odio che potrebbe farci sprofondare nuovamente negli anni di Piombo, una convinzione talmente granitica da spingere i servizi e il ministero ad aumentare le misure di sicurezza nei confronti del trio Meloni, Salvini e Tajani; è una maggioranza pronta a sfruttare ogni singola opportunità di questa orribile vicenda per il tornaconto della campagna elettorale per le regionali prossime venture, ma forse, a destra, hanno la memoria corta.
Anzi, cortissima.
Quante volte nella cronaca abbiamo letto di politici della Lega o di Fratelli d’Italia esultare per la morte di un migrante? Tante. Addirittura, c’è stato chi ha puntato la pistola per uccidere: chiedere a Bordighera. Quante volte un politico della Lega o di Fratelli d’Italia ha invocato i forni, i manganelli, i calci, le terapie riparative nei confronti della comunità LGBTQIA+, dicendo che comunque se ci pestano per strada ce la siamo cercata? Tanti. E la famosa “Bestia” di Salvini ai tempi di Luca Morisi? La Boldrini raffigurata come una bambola gonfiabile, il citofono al quartiere Pilastro di Bologna. Giorgia Meloni che urla in macchina che i barconi vanno affondati. Quante volte avete sentito qualcuno della destra dissociarsi? MAI.

Quando nel 2011 un estremista di destra freddò due senegalesi a Firenze rendendone paraplegico un terzo, la destra restò muta. A parte Casa Pound, che espresse solidarietà al killer.
Quando a Macerata Luca Traini sparò contro una sede del PD e per strada ferendo sei migranti la condanna della destra non arrivò: Meloni diede la colpa alla sinistra, Salvini all’immigrazione fuori controllo e Forza Nuova si schierò apertamente con Traini, pagandogli addirittura le spese legali. Nel 2019, a Christchurch, Nuova Zelanda, Brent Trennant apre il fuoco prima in un centro islamico e poi in una moschea. Bilancio, 51 morti. Sul calcio del suo fucile, insieme ad altre scritte legate all’estrema destra internazionale, era inciso proprio il nome di Luca Traini.
Dov’era l’indignazione della destra a Cutro?

Dov’era la destra, tre mesi fa, quando in Minnesota la deputata dem Melissa Hortman veniva assassinata? Forse già al mare, ed evidentemente anche Trump, che interrogato ha fatto spallucce dicendo che il nome non gli era nemmeno familiare. Ecco la doppia morale, ecco il grande talento che hanno di trasformarsi da carnefici in vittime facendo leva sulla pancia delle persone e su un diffuso analfabetismo funzionale.

Il punto ormai non è più soltanto che Kirk è stato ucciso, il punto è che grazie all’abile retorica di questa destra adesso è stato creato un martire prêt-à-engager, un santo dalle idee eretiche e per questo per qualcuno rivoluzionarie nel loro essere conservatrici.
E mentre nel paese del free speech la deriva autoritaria di Trump ha trovato una giustificazione simbolica, mentre continuano le deportazioni, la cancellazione delle identità LGBTQIA+ e dei diritti delle donne, noi in Italia possiamo solo sperare che il nostro spirito democratico continui a combattere quest’onda d’odio. Odio reale. Non immaginato o creato ad arte.
È morto Kirk, evviva Kirk!

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