L’INSOSTENIBILE  FASCINO DEL GOVERNATORE DE LUCA

di Rosaria Claudia Romano

Classe 1949, Vincenzo De Luca si laurea in Filosofia all’Università di Salerno, milita nei partiti di Sinistra storici (Pci-Pds-Ds) per poi approdare nel Partito Democratico nel 2007. Quattro volte sindaco di Salerno, eletto alla Camera dei Deputati e annoverato nella top 10 degli assenteisti, divenuto presidente della Regione Campania nel 2015, ai tempi del Covid-19 viene definito «il gigante della comunicazione istituzionale». 

Nei giorni in cui i Dpcm confondevano gli italiani, i campani godevano di un interprete unico. Il Governatore De Luca manifesta, infatti, sin da subito, la volontà di parlar chiaro perché gli equivoci non sono affatto contemplati e attraverso tempi comici perfetti, amalgamati a una forte dialettica teatrale – caratteristica che lo contraddistingue da sempre e che gli ha provocato l’inimicizia di molte porzioni del Pd – parla in maniera diretta a tutti, corregionali e non, giungendo ad affascinare persino Naomi Campbell all’altro capo del mondo.

Ma c’è un confine tra genio e follia? Tra pronunciabile e impronunciabile? Se frasi come «mi arrivano voci di persone che vogliono organizzare feste di laurea. Mandiamo i Carabinieri con il lanciafiamme se la fate» ci strappano una risata, altre come «Uscirò con una mazza in mano, mi nasconderò dietro ai muri e comparirò non appena vedo qualcuno che si aggira senza un motivo urgente: una botta in testa e lo lascio stecchito a terra» ci fanno capire perché i campani lo abbiano sottilmente (o forse no) definito «sceriffo».

Il lupo, però, perde il pelo ma non il vizio, e tra un «fratacchione» a Fazio e una battuta sulla pessima qualità di alcune mascherine – buone solo per interpretare Bugs Bunny a carnevale – casca: «Capisco che è una limitazione dire che non si può fare footing, […] Se vogliamo fare una risata, non dovete immaginare che vanno a fare footing belle ragazze toniche con fuseaux aderenti, quelle cose che riconciliano con la natura. No, io ho trovato a correre vecchi cinghialoni della mia età, correvano senza mascherina con una tuta che arriva alla caviglia, con una seconda tuta alla zuava, un terzo pantaloncino sopra. Questi andrebbero arrestati a vista per oltraggio al pudore»

Lo ha detto sul serio: è riuscito a offendere contemporaneamente tre categorie, arrivando addirittura a far indignare le Consigliere regionali di Forza Italia. Incredibile. Ma non è la prima volta che De Luca viene accusato di alimentare una cultura patriarcale, misogina e sessista.

Le donne sono il suo cruccio da sempre, soprattutto se dotate di un cervello e di una posizione di rilievo. Per non parlare delle sostenitrici dei suoi avversari politici, a  quanto pare direttamente bisognose di affetto, tanto che il nostro si dichiara pronto a dargliene, pazza chi rifiuta. 

E anche se alla fine siamo tutte «bamboline imbambolate» come Virginia Raggi, l’infame resterà sempre Rosy Bindi.

Sarà forse che lo stereotipo delle belle ragazze con i fuseaux che riconciliano con la natura non funziona più? E che il magro non batte il grasso e il giovane non batte il vecchio? La mia taglia, 46 o 54 che sia, non è meno valida di una taglia 38 super allenata e tonica. 

Per intenderci: it’s not me, it’s you.

Nel 2020, è paradossale che esista ancora una vasta gamma di persone che creda di poter fare un’ironia così spicciola su questi temi, figuriamoci a questi livelli istituzionali. Ancor più ridicolo è il dover ricordare che non esistono categorie. Non cinghialoni, non belle donne, non vecchi, ma esseri umani la cui dignità deve essere rispettata e tutelata a prescindere da razza, religione, orientamento sessuale e genere.

Ps: Caro Governatore, l’offesa al pudore è stata depenalizzata nel 2015.

Foto in evidenza: Positanonews.it