LA PRIMAVERA DI MARIAN

(Italia, 2019, 70’)

Per anni la regista Martine De Biasi riprende la transizione della sua prima fidanzata Marion in Marian, da donna a uomo. Il cambiamento, prima emotivo/psicologico e infine fisico, avviene in un piccolo paese altoatesino che, come tutti i piccoli paesi in ogni parte del mondo, è un luogo apparentemente quieto, finché sei come loro. Difficile se non impossibile definirlo semplicisticamente un documentario, dato il coinvolgimento in prima persona dell’occhio che osserva, che interroga, che commenta. A metà strada tra il videodiario, il collage di materiale video autoprodotto e l’approccio documentaristico, Becoming me, opera prima della regista, è l’intenso ritratto di una persona in cerca di se stessa, che si ritrova là dove è nata, senza fughe, fra i meli e le montagne.

Becoming me

La telecamera è impudica, riprende i tormenti personali di Marian Oberhofer, le angosce e le paure espresse in domande senza risposta («Cosa accadrà di me dopo la transizione? La mia ragazza vorrà ancora starmi vicino?»), i dubbi dei familiari («Per me sarai sempre mia sorella»), le reazioni della società («Mi vorranno ancora come insegnante dei bambini?»). L’occhio di De Biasi non si ferma nemmeno davanti alle cruente immagini post-operatorie, quando il seno sparisce e della donna restano cicatrici sui pettorali. Parimenti alla crescita di una inedita barba, si sviluppa la nuova vita di Marian, i cui fili intrecciano scuola, musica e violoncello, sollevamento pesi, bicicletta, cene coi genitori e la fidanzata (spoiler: non si sono lasciati). De Biasi osserva con occhio affettuoso il suo primo amore e rende omaggio al suo nuovo amico davanti a noi, spettatrici e spettatori.

Programma del festival 

Trailer di Becoming Me