Rendere la lingua italiana più inclusiva e non discriminante: un’aspirazione per una parte della popolazione e un’imposizione dettata dal politicamente corretto per un’altra. Con Linguicismo e potere. Discriminare attraverso la lingua, pubblicato da Eris Edizioni, la docente e ricercatrice Rosalba Nodari fornisce il suo contributo a un dibattito che va avanti da decenni. E lo fa introducendo in Italia il termine linguicismo, coniato nella metà degli anni ‘80 dalla linguista finlandese Tove Skutnabb-Kaugas.
Come ben spiegato nel primo capitolo del volume, il linguicismo è il fenomeno che porta a discriminare una persona per la lingua da lei parlata, o per il suo modo di utilizzarla. Un esempio concreto, lampante e condiviso è il linguicidio, ovvero la cancellazione di alcune lingue, estinte perché «associate a popolazioni “perdenti”, dotate di minor potere economico, simbolico, culturale». D’altro canto, l’autrice illustra quanto sia più faticoso aumentare la consapevolezza su un linguicismo meno evidente, ma non meno diffuso: l’accentismo, discriminazione basata su alcune componenti acustiche della lingua.

In quanto prodotto e strumento umano, le lingue non fanno che riflettere le discriminazioni già presenti nella nostra società. Con questo saggio, Rosalba Nodari passa quindi in rassegna diversi luoghi e atti di discriminazione in cui è la lingua l’oggetto del contendere. In particolare, il secondo capitolo è dedicato alla confluenza tra linguicismo e genere. Oltre ad affrontare celebri tematiche come la declinazione dei mestieri al femminile e il linguaggio neutro, Nodari spiega come l’identità di genere arrivi a influenzare anche alcune caratteristiche fonetiche e lessicali. Per esempio, a causa del loro minore potere economico, le donne attribuiscono più importanza all’utilizzo della lingua standard, mentre gli uomini implicitamente ammirano e imitano la lingua della classe operaia.
Il terzo e ultimo capitolo tratta le discriminazioni linguistiche in ambito giudiziario. Tra gli esempi presentati da Nodari, è molto rilevante quello di Antonietta Sperduto, chiamata a testimoniare durante il processo a Pietro Pacciani, il cosiddetto Mostro di Firenze. La donna arranca, non riesce a parlare, sbaglia registro linguistico, e il presidente della corte la incalza e la deride per la sua incertezza, non rendendosi minimamente conto di quanto sia difficile condividere episodi di abuso, con tutto quello che ne consegue in termini di disagio psicologico che si riverbera sull’uso della lingua.
Come suggerito fin dal titolo, il legame stretto tra lingua e potere è al centro del testo. Servendosi di molteplici esempi e di una scrittura spesso informale, divertente e di facile lettura, l’autrice dimostra con chiarezza che il linguaggio non è ancora universalmente riconosciuto come un campo in cui si riversano i nostri pregiudizi. È importante sottolineare che Linguicismo e potere non è un denso e inaccessibile testo accademico: Nodari non dà alcun concetto per scontato, né si rifugia dietro una prosa ermetica. Con questo libro l’autrice vuole rivolgersi a chiunque, anche a chi non ha mai approfondito argomenti simili. Dopotutto, prendere consapevolezza dell’esistenza del linguicismo è la prima essenziale tappa per la costruzione di una realtà meno discriminante.
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