Fin dagli albori della storia della fotografia, negli anni Quaranta dell’Ottocento, i corpi divennero il soggetto preferenziale per questo medium, ed il corpo nudo, modello artistico per eccellenza, in fotografia divenne fonte diretta del desiderio sessuale. 

Nella seconda metà dell’Ottocento, la fotografia divenne anche uno strumento di liberazione dell’immaginario sessuale: ciò che dalle emergenti scienze sessuali era descritto in termini di malattia e perversione, in favore di un modello eterosessuale e riproduttivo, nella fotografia erotica e pornografica diventava orizzonte del desiderio e del piacere. Dai ritrovamenti archeologici di Pompei ed Ercolano, il mondo classico greco-romano divenne l’ambientazione storico-immaginaria per eccellenza dell’omosessualità maschile, come testimoniato dal saggio di John Addington Symonds intitolato A Problem in Greek Ethics, del 1883. Le fotografie di Wilhelm von Gloeden, Guglielmo Plüschow e Vincenzo Galdi misero concretamente in scena questo immaginario. Nei primi anni del Novecento, questi autori incrociarono le attività di controllo e repressione della pornografia, ed in particolar modo, Plüschow e Galdi subirono pesanti condanne a causa di scandali inerenti alla pedofilia. Attorno all’acquisto e alla fruizione di queste fotografie è attestata una creazione di veri propri circuiti e comunità ad orientamento omosessuale, e la stessa raccolta di fotografie di Alfred Kinsey, che fu parte integrante del materiale per il suo celeberrimo rapporto sui comportamenti sessuali dell’uomo, pubblicato nel 1948, testimonia la larga diffusione di fotografie di rapporti omosessuali fin dal tardo Ottocento.

Le avanguardie del primo Novecento sfidarono la morale sessuale dell’epoca, e cercarono anche di legittimare l’omosessualità, come traspare dalle parole di Italo Tavolato in Contro la morale sessuale del 1913. Mentre i sessuologi degli anni Venti studiavano l’omosessualità con meno pregiudizi, a partire dal 1924 gli accordi internazionali contro il materiale pornografico, soprattutto cartoline e fotografie, si fecero più stringenti. Con gli anni Trenta ed i regimi nazi-fascisti, le rappresentazioni omossessuali non furono più tollerate in alcuna forma.

Nonostante le sconvolgenti rivelazioni di Kinsey sulle abitudini sessuali degli americani a fine anni Quaranta, il periodo del secondo dopoguerra fu caratterizzato da moralismi e tabù, sfidati solo da alcuni fotografi ed editori di riviste che pubblicavano immagini omoerotiche. Con gli anni Sessanta, soprattutto a ridosso del 1968, queste rappresentazioni acquisirono una sempre maggiore visibilità. In particolar modo, nell’Europa centro-settentrionale, contemporaneamente all’espansione dell’industria pornografica dell’epoca, molteplici riviste pubblicarono immagini fotografiche nel tentativo di infrangere i rigidi schemi della cultura di massa, ancora marcatamente eterosessuale ed intransigente, e di creare spazi di condivisione e nuovi immaginari sul piacere.

Immagine in evidenza: barbarainwonderlart.com