E se la creazione della coreografia fosse essa stessa la coreografia? Nello spettacolo We Are Present di Fabio Liberti e nelle comunità danzanti di Performing Gender si pratica la creazione partecipata tra corpi danzanti e corpi coreografanti durante spettacoli e pratiche.
Andiamo con ordine: questa riflessione parte dallo spettacolo-studio di coreografia We Are Present di Fabio Liberti, premiato coreografo di origini italiane con base in Danimarca, che è stato presentato a settembre a Bologna durante la 20esima edizione del festival internazionale Gender Bender. Con la partecipazione del pubblico e deə performer Jernej Bizjak e Arina Trostyanetskaya, lo spettacolo è stata la co-creazione di una coreografia per raccontare chi era in quel momento presente in sala.
È proprio partendo dalla catena di parole costruita dal pubblico nel brainstorming iniziale che Fabio, Jernej, Arina e anche alcunə coraggiosə spettatorə hanno danzato uno spettacolo che raccontasse il qui e ora di quei 90 minuti. Durante le fasi di costruzione della performance, il coreografo ha coinvolto i corpi sulle sedie nella creazione che i corpi al centro della scena portavano avanti, usando la creatività di tutte le persone presenti come bagaglio di partenza.
Sempre centrale, sin dal brainstorming iniziale, l’aspetto corporeo: una parola su tre, infatti, era il nome di una parte del corpo. Questa centralità del corpo è tipica della danza contemporanea, nella quale da Forsythe in poi si trova il concetto di body knowledge, che indica la conoscenza derivante dall’incorporazione di informazioni nel tracciato corpo-mente, che si fa a sua volta strumento per esplorare lo spazio e il tempo e manipolarli nel concreto, superando gli aspetti intangibili di queste dimensioni.
La conoscenza muscolare inconsapevole ha permesso aə performer di riconoscere nei gesti nati dal brainstorming dei significati emotivi, e di trasformarli in un lessico versatile la cui potenzialità è poi esplosa nel momento di improvvisazione. Ne è emersa una lunga conversazione tra ə performer che nelle parole scelte dal pubblico trovavano basi e limiti delle proprie possibilità espressive.
I corpi seduti, poi, oltre a partecipare alle scelte coreografiche mentre avvenivano sul palco, le hanno in un certo senso vissute e sentite. Durante lo spettacolo anche lə spettatorə sentivano chiamato in causa il proprio movimento, come se stessero danzando a loro volta, proprio grazie alla body knowledge, che riattivava quei circuiti corpo-mente in modo da farlə sentire partecipi.
Una pratica simile di creazione giocosa è stata centrale nei due workshop di danza con i dance maker del progetto Performing Gender – Dancing in Your Shoes nelle giornate del festival. Ripartito nel 2020 per la sua terza edizione e presentato durante il festival Gender Bender 2021, questo progetto europeo coinvolge 8 nazioni e per il momento nelle varie città che lo ospitano si è soltanto svolta la parte di formazione e pratica delle comunità danzanti.
Per chi ha partecipato a questa prima fase, quindi, l’inizio di Gender Bender è stato atteso anche un po’ come un’occasione per rivedersi, e per vedere per la prima volta le altre comunità d’Europa. È stata l’occasione per tornare a praticare insieme, questa volta senza mascherine, e anche per scoprire modi nuovi di farlo. Con la guida deə dance maker partecipanti e con una buona dose di improvvisazione abbiamo sperimentato con la voce e i movimenti, da solə e in gruppo, applicando la conoscenza accumulata dai nostri corpi nei mesi di pratiche passate per manipolare l’aria e gli spazi intorno a noi con dolcezza e ascolto.
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