I punti di riferimento a sinistra sono merce rara, nell’Italia contemporanea.
Ieri, con la pubblicazione dell’intervista rilasciata dal prof. Alessandro Barbero al quotidiano torinese La Stampa, ne è caduto un altro. Intervistato da Silvia Francia a proposito della difficoltà delle donne a fare carriera e ad assumere ruoli di potere, ha infatti dichiarato: «Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che, in media, le donne manchino di quell’aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda».
All’obiezione della giornalista sul fatto che in un mondo storicamente dominato dai maschi le donne siano ancora ostacolate, ha poi risposto, attenuando le sue parole precedenti, che «Se è così, allora è solo questione di tempo. Basterà allevare ancora qualche generazione di giovani consapevoli e la situazione cambierà». Evidentemente Barbero non ha mai trascorso nemmeno un minuto a riflettere sui suoi privilegi di maschio bianco cisgenere occidentale ricco e su come queste condizioni strutturali lo abbiano favorito nel perseguire le sue ambizioni.
Forse Barbero non ha mai letto Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, in cui la scrittrice, per spiegare perché la letteratura è scarsa di nomi femminili, tratteggia la storia ipotetica di una ipotetica sorella di Shakespeare, immaginando che, se a 17 anni fosse scappata di casa per inseguire la sua passione per il teatro, sarebbe – nella migliore delle ipotesi – rimasta incinta di un impresario che si sarebbe approfittato di lei, e in breve tempo sarebbe finita suicida senza mai aver potuto esprimere il suo talento.
Le parole di Barbero, venendo proprio da uno storico, per giunta da sempre solidamente posizionato a sinistra, risultano particolarmente fastidiose, anche se coerenti col maschilismo medio della sinistra italiana.
Il determinismo biologico ha fatto il suo tempo, l’essenzialismo è morto, ma soprattutto, la mancanza di spavalderia delle donne si chiama oppressione sistemica.
Si chiama patriarcato, prof.
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