Oggi piove a Milano. Devo incontrare Grindrina, personalità social, ironica critica anonima di Grindr; mi ha dato appuntamento al bar più chic di via Padova. Non so chi aspettarmi: mi viene incontro una signora elegante, il giusto per non farmi sentire a disagio. Tacco basso, pantalone palazzo, capello pettinato in maniera non perfettamente logica ma non fuori posto; porta degli orecchini a bottone («i pendenti sono volgari») e gli occhiali da sole, nonostante il tempo. Non riesco a capirne l’età e – anche se so che non la si dovrebbe chiedere a una signora – provo maldestramente a farlo. La sua risposta: «Beh, se sa che non si chiede l’età a una signora appunto, non la chieda».
Tu sei conosciuta perché hai creato una pagina Instagram in cui collezioni screenshot di varie conversazioni su Grindr: gli elementi sono vari, dalle situazioni più comiche ai veri e propri messaggi omofobi e transfobici. Com’è nata Grindrina?
Grindrina nasce per un mio desiderio di comunicare con gli amici dell’Internet: cosa che ovviamente per una signora come me – non tanto abituata al sistema digitale – era una novità e mi piaceva l’idea di farlo in una maniera alternativa.
Cosa ti ha portato a voler parlare di «elementi di discriminazione interna»?
Quel che ho fatto è stato guardarmi attorno con degli occhi un pochettino più oggettivi; gli occhi di una persona che grazie alla sua esperienza ha la capacità di porsi dei dubbi maggiori rispetto alle situazioni. Il mio obiettivo è instillare il dubbio anche negli altri: non è giusto giudicare, tendenzialmente non lo faccio nemmeno io, il desiderio è invece quello di aiutare persone che sono meno attente a farsi delle domande su ciò che le circonda. Ho scelto la discriminazione interna perché è un argomento che mi sta a cuore e mi pare abbastanza visibile, se uno allena lievemente lo sguardo.
Il modo in cui comunichi sui social non è mai esplicito e non giudichi mai, come hai detto prima, il tuo ruolo è quello di un’osservatrice. Perché hai scelto questa tattica?
Vedi caro, credo che il modo migliore di imparare qualcosa dalla vita sia quello di provare da soli ad affrontare ciò che ci si pone davanti. Credo anche che il compito di una persona con uno sguardo più attento degli altri sia quello di mostrare le cose e chiedere cosa c’è che non va senza però imporre la propria visione delle cose: cerca di creare negli altri l’occhio critico.
Può sembrare che io non abbia mai un’opinione sulle cose, ma semplicemente non è mio interesse aggredire, non sono il tipo di persona che davanti a un comportamento negativo risponde con fare stizzito. L’ignoranza e l’aggressione non servono a molto, aiutare gli altri a vedere cosa c’è che non va è molto più utile.
Immagino che questo metodo non sia sempre immediato. Quali sono i pro e i contro di questa prospettiva?
Un’aspetto negativo è che non è facile mediare. E a volte non si vuole mediare: lascio che siano gli amici dell’Internet a confrontarsi e a scornarsi tra loro. Non è sempre un male, non è sempre giusto intervenire quando i bambini bisticciano nel cortile, in alcuni casi è meglio che se la risolvano tra di loro. Senza il confronto non arriveranno mai a comprendersi.
Poi certe volte succede che non si dialoga più, c’è sempre qualcuno che non conosce le regole della conversazione e della comunicazione. Ci sono pochissime cattive persone, ma c’è una montagna di incompetenti, il problema è quello. Se si dialoga non esiste solo la voce di una posizione, esiste anche quella dell’altra. È un gioco che deve essere fatto da entrambe le parti: se a un certo punto uno vuole giocare da solo e comincia a urlare più forte, il livello diventa lo stesso dei soggetti che popolano la mia pagina. Probabilmente hanno avuto delle problematiche di apprendimento della gestione del turno conversativo quando facevano la scuola dell’infanzia.
Tornando ai contenuti di Grindrina, spesso nelle storie Instagram fai il gioco Attiva o Passiva, in cui chiedi a chi ti segue quali tra lә variә personaggiә della cultura italiana hanno la faccia da attiva e quali da passiva. Qual è lo scopo del gioco?
Oh, questo è uno dei giochi più divertenti che esistano: sparare parole a caso per decidere quali sono i tratti che descrivono qualcosa. È un gioco meraviglioso. Stupido, fine a se stesso.
D’altronde, è sempre la solita storia: si fa perché alla gente piace decidere che cosa è un tratto positivo e cosa uno negativo, e dire qual è la preferenza all’approccio sessuale di qualcuno lo bolla come persona peggiore o come migliore.
È una cosa talmente stantia che fa quasi ridere: ma chi se ne frega delle modalità che uno adotta nei momenti d’intimità! Come sempre si è condizionati dalla narrativa dell’uomo forte, nerboruto, grosso e dominante… e che quando può magari invade la Polonia. La trovo decisamente noiosa come cosa, ma alla fine della fiera il modo migliore per distruggere queste narrazioni non è urlarci contro, è renderle ridicole. Il gioco Attiva o Passiva ha questo come obiettivo. E poi è sempre divertente: renderlo divertente lo rende inutile e una volta che diventa inutile non è più un problema.
Quanto è importante la risata, e qual è il suo potere?
La risata e l’atteggiamento positivo sono fondamentali, non solo verso fenomeni come la mascolinità tossica. Perché la tossicità è anche oltre. A forza di urlare contro il patriarcato come se fosse una persona, rischiamo di entrare in un circolo dell’odio con un fenomeno che non sa neanche di esistere, è questo il problema.
Il maschio etero cisgender non lo sa di essere patriarcale, perché sono la vita e il contesto in cui è immerso quotidianamente. Non è urlandogli che fa schifo che otteniamo qualcosa, perché è esattamente quello che lui ha fatto con noi, facendoci crescere col dubbio che lui avesse ragione e l’unica conseguenza sono state delle sedute in più dallo psicologo.
Il linguaggio del movimento è sempre molto diretto e volto a mettere in luce le discriminazioni e i comportamenti negativi. Forse ridere sopra determinate discriminazioni può sminuirne la portata.
L’unica cosa per me fattibile è una massiccia produzione di positività su argomenti che si distaccano dal concetto di patriarcato: e cosa c’è di più positivo della risata?! Con la risata si va al di là dei concetti d’inclusione e rappresentazione, e si pone l’attenzione su quello di coinvolgimento: bisogna coinvolgere chi non fa parte di una comunità in quella stessa comunità. Prendi l’arte drag: fare drag è un atto politico, ed è un’arte potentissima per far conoscere alle persone il mondo queer e smontare la narrativa patriarcale. Ogni volta che una persona che non conosce l’ambiente queer va a vedere uno show drag ne esce con qualcosa in più.
Immagini da instagram.com
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